di Carlo Radollovich
I primi quartieri con abitazioni destinate a persone con scarse disponibilità finanziarie e agli operai in generale, vennero costruiti verso la fine dell’Ottocento e furono la logica conseguenza dell’espandersi delle molte attività cittadine, prima fra tutte l’industria.
Le costruzioni più semplici e meno costose furono senz’altro le case di ringhiera, i cui appartamenti si affacciavano su strettissimi ballatoi con servizi igienici in comune e posti ovviamente all’esterno dell’alloggio.
Gli architetti progettavano tali edifici consentendo di raggiungere densità abitative di livello decisamente elevato, è vero, ma la vita dei residenti, quasi a contatto di gomito fra loro perché i locali risultavano assai angusti, non era delle più confortevoli.
Soluzioni alternative nacquero ai primi del Novecento in base alla legge Luigi Luzzatti (1903), creando le condizioni per interventi che avrebbero consentito abitabilità più accettabili. Nacque infatti, a seguito di particolari iniziative avviate dal Comune di Milano, l’Istituto per le Case Popolari, e si pervenne finalmente ad un traguardo abitativo ritenuto valido. Si metteva a disposizione degli interessati una casa, eventualmente anche a riscatto, che pure le fasce sociali più deboli avrebbero potuto ottenere.
Si delineavano progetti per nuove urbanizzazioni che, in diversi casi, consentivano persino l’utilizzo di asili per l’infanzia e addirittura di biblioteche.
Gli alloggi erano più ampi e consentivano un comfort mai sperimentato in precedenza. Ma anche la struttura stessa degli edifici appariva di più largo respiro. Ad esempio il “corpo scala”, centrale, mandava definitivamente in pensione il ballatoio e all’interno delle abitazioni venivano finalmente installati i servizi igienici.
Le statistiche dicono che i migliori risultati in campo abitativo furono raggiunti nei quartieri tipologicamente più avanzati: vedi ad esempio quelli della Società Umanitaria di via Solari (1907), ove tutti gli alloggi venivano integrati da un’ampia dotazione di servizi collettivi.
Va comunque menzionato che sorsero villaggi per operai edificati anche grazie ad imprenditori e industriali come è il caso della Pirelli (viale Sarca) e della Falck (Sesto San Giovanni).
Nella periferia nord-ovest della città, il Comune varò un quartiere che venne citato ad esempio per la sua marcata confortevolezza: quello di via Mac Mahon.
E il futuro abitativo della città, tenuto conto che un buon numero di immigrati potrebbe essere in arrivo, come verrà impostato e soprattutto gestito?