di Carlo Radollovich
L’ingegnere militare genovese Guglielmo da Guintellino, al servizio di Milano, aveva iniziato nel 1156 a sistemare la cinta muraria (basamento in pietra sovrastato da laterizi), affinché la città potesse disporre di solide barriere contro attacchi nemici. Realizzò anche un valido fossato, ampliando quello di epoca romana noto come “refossum”.
Purtroppo, contro la furia distruttrice di Federico Barbarossa, le possibilità di resistere erano assai poche. Infatti, egli pose la città in stato d’assedio e dopo un anno capitolò. Come risaputo, essa subì una pesante distruzione. Ironia della sorte, fu proprio il Guintellino, responsabile della difesa militare della città, a consegnare al Barbarossa le chiavi delle porte e delle pusterle.
Cosa rimane ancora in piedi delle mura medievali? Quaranta metri circa metri sono visibili in via San Damiano, su cui era stata collocata una lapide, quasi illeggibile, che ricorda le vecchie mura nel centenario del giuramento di Pontida. Insomma, di questa fortificazione rimane assai poco: l’antica Porta Nuova, la Porta Ticinese, alcuni fregi oggi conservati presso il Castello Sforzesco e che decoravano porta Romana nonché un bassorilievo che ritrae la lupa di romana memoria, molto meno imponente di quella visibile nella capitale.
Possiede comunque un certo fascino ed è un vero peccato che in pochi si accorgano della sua presenza al civico 21 di corso Venezia. Le sue origini non sono certe. Si narra che il bassorilievo appartenesse ad un tempio pagano, bassorilievo che venne poi collocato su un lato della Porta Orientale, in origine eretta all’altezza di piazza San Babila. Tale porta risaliva all’epoca della cinta romana e separava l’antica Mediolanum dai boschi e dagli orti che erano coltivati all’esterno. Con l’estendersi della città, anche Porta Orientale, unitamente alla lupa, venne spostata lungo le mura della cerchia interna dei Navigli, ove ora si incrociano la via San Damiano e corso Venezia. Porta Orientale venne demolita nel 1818.