Oltre 67.000 dei ricoveri ospedalieri per tumore, nel 2018, sono stati effettuati in mobilità passiva, ovvero con una migrazione dei pazienti dalla loro città di residenza abituale. Si tratta del 9,5% di tutti i ricoveri oncologici e oncoematologici, percentuale che scende all’8,5% se si considera solo la mobilità extraregionale e non quella cosiddetta “di prossimità”.
Campania, Calabria, Puglia, Sicilia e Lazio sono le regioni dalle quali i pazienti con tumore si spostano maggiormente: oltre la metà dei ricoveri extraregionali proviene da queste 5 regioni. A guidare, invece, la classifica delle regioni che accolgono più pazienti extraregionali troviamo Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Veneto, nelle quali vengono effettuati il 60% dei ricoveri per tumore in mobilità passiva.
Sono le principali evidenze di un’indagine socio-economica realizzata dal Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità), nell’ambito delle attività del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, coordinato da Salute Donna Onlus insieme a 35 Associazioni di pazienti oncologici e onco-ematologici sul tema della migrazione sanitaria in oncologia.
Con un’analisi innovativa che mette a disposizione dati e proiezioni sull’impatto organizzativo ed economico di questo fenomeno, è stato affrontato il tema della mobilità “di prossimità” – che non è sempre evitabile – andando per la prima volta a profilare il paziente oncologico in mobilità.
L’obiettivo è quello di collaborare con le Istituzioni per comprendere meglio le motivazioni alla base della migrazione sanitaria in oncologia, in vista della profonda riforma dell’assistenza e dell’organizzazione sanitaria che verrà posta in essere attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
«La migrazione sanitaria in oncologia è un tema che il nostro Gruppo ha sempre tenuto in grande considerazione: basti pensare che il Manifesto per i diritti dei pazienti oncologici con il quale, di fatto, nel 2014 è nato il progetto “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” era proprio incentrato sulle difformità tra una regione e l’altra nell’assistenza e nella cura dei pazienti oncologici e sull’aumento della mobilità passiva di questi pazienti – dichiara Annamaria Mancuso, Coordinatrice del Gruppo “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere” e Presidente Salute Donna onlus – i cosiddetti “viaggi della speranza” che portano i pazienti con tumore e le loro famiglie a spostarsi per ricevere l’assistenza e il trattamento migliori sono la principale espressione di questa disparità territoriale, con conseguenze importanti sulla sfera economico-sociale dei nuclei familiari, costringendo intere famiglie a spostamenti frequenti che causano non solo un notevole dispendio di risorse economiche, sia diretto che indiretto (permessi di lavoro, aspettative etc.) ma hanno anche un importante impatto dal punto di vista dello stress psicologico e fisico, per i pazienti e per i loro caregiver (accompagnatore)».
In termini economici, la mobilità passiva incide sui finanziamenti regionali nel campo dell’oncologia, con un range che va dal -3,2% della Lombardia al -40,9% del Molise. Tutte le Regioni del Sud perdono, esclusa la Sardegna (-9,0%), oltre il 13% del finanziamento per l’oncologia: di queste, Basilicata, Calabria e Molise perdono più del 30%.
Il paziente oncologico si sposta dalla propria regione prevalentemente per tumori della prostata, della vescica, del fegato e della tiroide e, a circa un terzo dei ricoveri extraregione, è associato a un intervento chirurgico.
Le motivazioni alla base della mobilità del paziente oncologico possono rientrare nella sfera della sfiducia nei confronti dell’organizzazione sanitaria della propria regione; è indicativo il fatto che la Campania, dove sono presenti Centri di comprovata eccellenza, tra i quali due riconosciuti IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico), sia in cima alla lista delle regioni dalle quali i pazienti oncologici “fuggono”, oppure che il Lazio sia contemporaneamente al quinto posto tra le regioni dalle quali i pazienti si spostano e al secondo posto tra quelle che accolgono più pazienti oncologici extraregione.