sabato, Aprile 20, 2024
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Mary Varale, un’alpinista risoluta

Oltre all’audace e coraggiosa alpinista Nini’ Pietrasanta (ilMirino del 6 luglio), è opportuno ricordare anche un’altra appassionata di montagna, dalla tecnica quasi ineguagliabile: Mary Gennaro, coniugata Varale, dimostratasi ottima scalatrice in numerose circostanze.

Nasce a Marsiglia nel 1895 e la ricordiamo per aver scalato, tra il 1924 e il 1936, 215 montagne, sia in cordata sia in solitaria. Giovanissima, si cimenta con le cime del gruppo Ortles per poi affrontare le Torri del Vajolet. Qui, la guida Tita Piaz rimane sorpresa per la sua agilità, destrezza e sicurezza nei movimenti.

Più avanti, eccola alle prese con alcune delle sue più importanti ascensioni, prima donna ad effettuarle: la Cima dei Tre in Val di Zoldo (1930), la punta Angelina nelle Grigne, lungo la via Mary, così battezzata in suo onore, conquistata in compagnia di Renato Cassin (1931), lo Spigolo Giallo di Lavaredo (1933), la parete Sud Ovest del Cimon de la Pala (1934).

Tra le pochissime scalatrici che si misurano con alte e importanti difficoltà, scrive tutte le emozioni provate per la rivista ”Vita femminile”. Con suo marito Vittorio Varale, giornalista sportivo, divide non soltanto la passione per la roccia, ma anche per le valli montane, soggiornando tra i contadini della Val Malenco e della Val Masino.

Non è raro vederla all’opera tra i paesani mentre si carica sulle spalle una gerla ricolma di fieno, dando così a loro una concreta mano. Ma c’è anche un lato della sua persona non molto conosciuto. Infatti, grazie alla forza del suo carattere, si dichiara pronta ad esprimere il suo dissenso ove necessario.

E lo manifesta nei confronti del CAI, quando nota che certe medaglie al valore atletico non vengono consegnate ai suoi valorosi compagni di cordata durante la difficile scalata al Cimon de la Pala, premiando invece altri alpinisti che ritiene non meritevoli.

Nel 1935 si dimette tra mille polemiche dalla sezione Cai di Belluno dopo aver elencato tutte le ascensioni da lei effettuate. Dice tra l’altro testualmente: ”(…)non farò più niente in montagna che possa rendere onore al Club Alpino, dal quale mi allontano disgustata (…). Dopo aver deciso di lasciare il CAI, riduce la propria attività tra i monti, anche perché una dolorosa forma di artrite la colpisce duramente.

Il marito Vittorio le rimane sempre accanto durante la malattia che si trasformerà presto in infermità, ricordando assieme con nostalgia le numerose scalate effettuate, almeno in parte, in compagnia della moglie. Si spegne a Genova nel dicembre del 1963.

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