lunedì, Dicembre 23, 2024
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LA MALATTIA DELLA VITA NE “IL GUARITORE” DI SANTERAMO

di Ugo Perugini

All’ATTR Teatro Ringhiera, in prosecuzione dal 18 al 21 dicembre, l’opera di Michele Santeramo “Il guaritore” per la regia di Leo Muscato con Vittorio Continelli, Simonetta Damato, Gianluca delle Fontane, Paola Fresa e Michele Sinisi.

L’opera teatrale di Santeramo, vincitore della 51° edizione del Premio Riccione Teatro, è un lavoro pieno di spunti interessanti, riflessioni sulla speranza, sulla ricerca quasi impossibile della felicità e sulla sua rinuncia.  Se la speranza viene delusa, la tentazione è quella di non sperare più, proprio per evitare di essere colti dalla delusione. Uno dei personaggi a un certo punto del dramma se ne esce con una frase atroce. “Il tempo di fare le cose è sempre ieri. Mi sento continuamente in ritardo”. Insomma, la vita di ognuna delle figure “fantasmatiche” che si muovono sulla scena di questo dramma appare assolutamente instabile, sfugge dalle loro stesse mani, prosciugata com’è di qualsiasi sentimento; nessuno di loro riesce a cogliere la realtà nel suo divenire, forse perché niente è reale.

Ma andiamo con ordine. La figura del guaritore, tutt’altro che carismatica, è quella di un vecchio malato, malvestito, attaccato a una flebo, mezzo cieco, alcolizzato, un po’ indisponente come carattere, senza apparenti qualità, ignorante, che parla con una pesante inflessione dialettale, seduto o disteso su una lunga, anonima e assurda, panchina. Riceve, quasi controvoglia, persone che aspirano a guarire dai loro problemi, facendole incontrare e parlare tra loro perché per rendere la realtà meno confusa occorre far incontrare, “incastrare” le storie. Non a caso quando vuole assumere la veste di “santone” recita un mantra che inizia con una invocazione dal valore fortemente simbolico. “Spirito della parola…”

La guarigione non esiste – si sostiene a un certo punto – è soltanto una storia che viene raccontata in modo diverso. A questo personaggio fa da contraltare il suo aiutante, il fratello, che vorrebbe sostituirsi al vecchio per diventare lui stesso guaritore ma per il momento si accontenta di svolgere l’attività, naturalmente simbolica, di sarto. Prende le misure per realizzare gli abiti a chi ha dei problemi, realizza vestiti nuovi che rappresentano, anche esternamente, l’avvenuta transizione di una storia da un personaggio a un altro.

Tra i personaggi, c’è la ragazza che aspetta un bambino ma non vuole averlo, la donna sposata che all’opposto desidera un figlio ma che non riesce a concepirlo a causa dell’impotenza del marito, ex pugile suonato, reso sterile da un colpo basso subito sul ring.

E, per ultimo, c’è ancora il vecchio guaritore che sa di essere arrivato alla fine e anche lui ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a concludere la sua storia, la sua parabola umana. Sfiderà il pugile, che con un pugno lo farà stramazzare al suolo, morto. Forse, in questo modo, anche il pugile, frustrato e sterile, vivrà la sua storia di rivincita sulla vita che ha deluso le sue speranze.

La regia di Leo Muscato è dinamica, agile e tende a mantenere viva la tensione drammatica per tutta la durata del lavoro, giocando con abilità sui vari registri, dosando con equilibrio toni e atmosfere, spesso surreali senza scadere troppo nel grottesco. Buona la prova degli attori sempre contenuti nei loro ruoli a evitare eccessivi esiti caricaturali.

ATIR Teatro Ringhiera: Piazza Fabio Chiesa Via Pietro Boifava 17 / Milano – MM2 Abbiategrasso / Tram 3 – 15 / Bus 79 – per informazioni e prenotazioni: tel. 02 84892195

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