lunedì, Dicembre 23, 2024
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MADRI E FIGLI RIFUGIATI: PASSARE DALL’ACCOGLIENZA ALL’INCLUSIONE

di Stefania Bortolotti

Donne a scuola di futuro. Sono le donne di Sant’Egidio, quelle che hanno deciso di vincere la battaglia dell’integrazione dandosi da fare affinché accoglienza non sia per loro assistenzialismo. A scuola per imparare l’italiano, ma anche per imparare un mestiere, dall’assistenza agli anziani alla sartoria. Donne che hanno come solo obiettivo quello di poter diventare presto autonome, ma soprattutto di poter essere produttive per una Società che stenta ad accoglierle. Alcune di loro sono arrivate dal mare, altre con i corridoi umanitari. Alcune sole, altre con figli anche piccolissimi. Sono tante. Hanno storie drammatiche alle spalle, ma una gran voglia di futuro negli occhi. È tutto dedicato a loro il progetto della Comunità di Sant’Egidio “Madri e Figli rifugiati: dall’accoglienza all’inclusione” reso possibile grazie ad un’erogazione liberale di Merck & Co. per conto della sua consociata italiana MSD. Un progetto presentato alla Scuola di Lingua e Cultura italiana della Comunità di Sant’Egidio, in occasione di una conferenza stampa alla presenza del sottosegretario del Ministero dell’Interno Domenico Manzione e del Direttore Generale Istituto Nazionale Popolazioni Migranti Concetta Mirisola. La ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli ha inviato un messaggio. Un progetto che aiuterà 400 donne in 400 modi differenti, perché ognuna di loro ha una storia. Aiutare una donna significa aiutare una famiglia, ma anche innescare quel processo virtuoso di auto-aiuto che permetterà loro non solo di essere autonome, ma di poter a loro volta aiutare altre donne. In una sola parola: integrazione.

«L’inclusione non può fermarsi all’accoglienza – spiega Daniela Pompei, Responsabile della Comunità di Sant’Egidio per i servizi agli immigrati – e per questo abbiamo deciso di dedicare questo progetto alle donne rifugiate e ai loro figli perché sono più a rischio. Aiuteremo 400 donne. Molte sono arrivate attraverso i barconi nel nostro Paese e hanno alle spalle non solo il dramma del viaggio, ma anche la violenza della tratta. Altre sono arrivate con il corridoio umanitario e altre arriveranno nei prossimi mesi. Il primo passo dell’aiuto è quello della lingua. Ma ci sono molti altri fronti: l’assistenza legale per richiedere la protezione internazionale, kit di sussistenza per i bambini (grazie a questo progetto ne potremmo aiutare sempre di più), l’integrazione a scuola, le tessere telefoniche per mettersi in contatto con le famiglie lasciate nei paesi d’origine e mille altri gesti. Facciamo il possibile affinché le donne possano essere autonome. Per questo teniamo dei corsi di economia domestica e di assistenza agli anziani e ai disabili in modo che possano trovarsi un lavoro. In molti casi – e sarà tra le priorità di questo progetto – paghiamo loro dei tirocini formativi in modo che ci siano più prospettive di lavoro. Inoltre, vorremmo offrire un ‘contributo affitto’ per un periodo di tempo per aiutare le donne ad acquistare autonomia in modo che intanto possano mettere i soldi da parte per poi proseguire da sole e prendersi carico della famiglia. Era un sogno, ora grazie a questo progetto reso possibile da MSD Italia riusciremo a renderlo realtà».

Nicoletta Luppi, Amministratore Delegato di MSD Italia
Nicoletta Luppi, Amministratore Delegato di MSD Italia

«Abbiamo deciso di sostenere la Comunità di Sant’Egidio in questo progetto perché il ‘prenderci cura’ è nel nostro DNA – ha spiegato Nicoletta Luppi, Amministratore Delegato di MSD Italia che ha reso possibile l’iniziativa – Sappiamo cosa è la sofferenza, cosa è il dolore, cosa significa avere paura. Ce lo ha insegnato la malattia. Con questo progetto – e con tutti quelli che abbiamo fatto in campo sociale – noi vogliamo metterci al servizio della collettività. Il fatto che il progetto sia dedicato alle madri e ai figli rifugiati è un valore aggiunto perché le donne sono le fondamenta della Società e i figli il futuro. Credo nelle donne come volàno per il benessere e la salute di tutta la comunità. E questo indipendentemente dal Paese di nascita. Aiutare le donne a potersi davvero integrare è una sfida enorme che, a catena, porterà degli enormi benefici anche a livello di sanità pubblica: perché la salute materno-infantile è alla base. Come Azienda farmaceutica abbiamo una responsabilità sociale e dobbiamo essere parte della soluzione, anche perché il nostro lavoro ci fa conoscere alcune tematiche più direttamente e più in profondità e quindi possiamo, e dobbiamo, fare di più. Il mio sogno è che aiutando queste 400 donne, in 400 modi differenti, perché hanno storie e vite differenti, le metteremo in condizioni di aiutare loro stesse e altre 400 donne e quindi le loro famiglie, e poi altre 400 e così via. Quando arrivano in Italia nei loro occhi si legge la paura, il dolore, la fuga. Ma anche il coraggio e la speranza. Noi possiamo fare molto per queste madri e i loro figli ma possiamo imparare altrettanto: in primis la lezione del coraggio, dei valori fondamentali della vita, del restare con i piedi per terra. È una lezione di umiltà, ma anche di ‘imprenditorialità’: pronte a mettersi in discussione, pronte a studiare e ad imparare, queste donne sanno che il futuro si conquista con il lavoro, con la dedizione e con l’impegno. Questa è una lezione che troppe volte si tende a dimenticare».

«Quella dei migranti è una priorità umanitaria che non possiamo e non dobbiamo ignorare – ha affermato Mario Marazziti, Presidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati intervenendo in conferenza stampa – e come rappresentante istituzionale è mio dovere cogliere le buone pratiche provenienti dal mondo del sociale e, se possibile, incentivarne l’impiego a livello nazionale affinché queste situazioni, non solo non si aggravino, ma trovino anche una possibile soluzione. Un valido esempio sono i corridoi umanitari. Bisogna ridurre al minimo possibile il traffico umano e il numero dei morti nel Mediterraneo e ciò si ottiene con viaggi sicuri e avviando la richiesta di protezione internazionale dall’altra riva del Mediterraneo e dei Paesi in transito. Solo lavorando insieme, abbattendo barriere culturali e politiche, è possibile dare una risposta a queste richieste di aiuto e consentire così una reale integrazione di valore»

msd

 

 

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