di Ugo Perugini*
Presentata la Mostra al Museo Poldi Pezzoli dal 7 novembre al 10 febbraio 2020
Chissà se la donna che ha ispirato l’opera, che chiamiamo Madonna Litta, era lombarda? Qualcuno ha notato in quel viso una femminilità diversa rispetto alle madonne di origine toscana che Leonardo aveva dipinto prima di venire a Milano. Quel che è sicuro è che l’opera è stata realizzata a Milano attorno al 1490 alla corte di Ludovico il Moro. E la nostra città è orgogliosa di poterla avere e ammirare per tre mesi grazie alla Mostra allestita al Museo Poldi Pezzoli.
Annalisa Zanni, direttore del Museo, ha illustrato le vicende collezionistiche di questa opera, che sono piuttosto complesse. Il dipinto, inizialmente di proprietà dei Visconti, venne venduto a metà del Settecento ad Alberico XII Barbiano di Belgioioso d’Este, poi nel 1814 entrò a far parte della collezione Litta (di qui il nome) finché nel 1865 fu venduto allo zar e in seguito esposto all’Hermitage.
Anche l’opera fisica ha subito diversi travagli: era stata realizzata su tavola ma il legno si stava sfaldando e quindi si decise nel 1865 di riportare la pittura su tela con una operazione che risultò piuttosto costosa ma consentì di fare emergere nel modo migliore il dipinto.
Ma è stato proprio Leonardo da Vinci a realizzarla? Il mistero aleggia ancora attorno a quest’opera, non c’è unanimità tra i critici, anche se la mostra al Poldi Pezzoli che si aprirà il 7 novembre e resterà visibile fino al 10 febbraio potrebbe forse portare un po’ più di chiarezza.
Grazie alla Fondazione Bracco, main partner, a cui si sono affiancati il Comune di Milano e la Regione Lombardia, sono state predisposte una serie di attente analisi diagnostiche di tipo tecnologico (radiografie, riflettografie, UV, infrarossi, ecc.) sulla Madonna Litta e su altre presenti in mostra, per evidenziare elementi formali e stilistici utili per consentire confronti e connessioni e arrivare a una più precisa attribuzione dell’opera.
D’altra parte, non è facile stabilire con sicurezza assoluta se dietro a questo dipinto c’è la mano di Leonardo, però si può arrivare a determinare alcuni punti fermi, come afferma Pietro C. Marani, uno dei più accreditati studiosi del genio da Vinci. L’opera appartiene senza dubbio al suo atelier, anche perché all’epoca il Maestro realizzava un prototipo, spesso lo impostava senza rifinirlo, e poi i suoi allievi lo terminavano e ne riproducevano versioni più o meno fedeli. Pensiamo alla “Vergine delle rocce”: se ne contano 23 variazioni o alla “Madonna dei fusi”.
In una lettera al segretario di Stato del re di Francia, Florimond Robertet, si dice chiaramente che nella bottega di Leonardo si “fanno retracti”, intendendo con questo termine non “ritratti”, bensì copie di prototipi eseguiti o abbozzati dal maestro. Tra i suoi allievi migliori c’è Giovanni Antonio Boltraffio, di cui si potrà ammirare una “Madonna con il Bambino” o Marco d’Oggiono, anche lui con un’opera sullo stesso tema, e Francesco Napoletano.
A conforto di queste ipotesi, nella mostra si avrà la possibilità di ammirare anche uno studio di Leonardo, un abbozzo che raffigura un profilo femminile con l’occhio dalla palpebra ben delineata che riporta alla mente proprio la postura della Madonna Litta; oltre a questo, vi sono studi, sempre di Boltraffio, sulla testa del bambino e sui panneggi della Madonna. In totale, la Mostra offrirà la possibilità di vedere 20 opere provenienti da tutto il mondo.
La curatela della mostra è stata affidata a Pietro C. Marani e Andrea Di Lorenzo. Verrà anche realizzato un catalogo con diversi saggi per conto di Skira Editore.