Nasce a Palermo nel 1913 da ricchi proprietari terrieri e non ancora ragazza, da impegnata autodidatta, gestisce in privato la sua formazione culturale. Si sposa molto presto, a soli diciassette anni, con lo scultore Renato Signorini.
Il marito intuisce presto la grande aspirazione della moglie e cioè quella di dedicarsi all’attività letteraria. Non solo la incoraggia, ma promuove questo suo desiderio. La sicilianita’ sarà spesso al centro di ogni romanzo di Livia e in particolare trarrà spunti dalla parte occidentale dell’isola, ove prevalgono usi e costumi contadini.
Ma rivolgerà il proprio sguardo anche alla fascia borghese e aristocratica della popolazione. Lei racconta incisivamente la favola ancestrale di una terra che presenta risvolti cattolici, ma anche pagani e al tempo stesso ci ricorda che il romanzo è come una sorta di officina, l’autore è un semplice artigiano mentre la sua scrittura rappresenta soltanto l’attività lavorativa.
Nel 1953, Livia de Stefani esce con il suo primo libro “La vigna delle uve nere”, una storia di abbandoni e di pesanti solitudini, che vince inaspettatamente il Premio Salento. Nel 1955 da’ alle stampe “Gli affatturati”, ove viene descritto un dramma colorato di grottesco con una visione della realtà contrassegnata da elementi quasi burattineschi.
Una delle capacità che contraddistingue la scrittrice è quella di transitare attraverso la drammaticità per poi approdare sull’ironia e sulla satira soft. Dopo la pubblicazione dei racconti contenuti nel “Viaggio di una sconosciuta” (1963), ecco apparire nelle librerie “La signora di Cariddi” (1971) e qui Livia si appropria pienamente della sua identità femminile.
Affronta poi il fenomeno mafioso ne “La mafia alle mie spalle” (1991) nell’anno della sua morte avvenuta a Roma, tracciando molto bene il profilo di un mondo patriarcale e decisamente autoritario.