martedì, Aprile 23, 2024
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L’ISTRUZIONE ELEMENTARE A MILANO DAL MEDIOEVO AL 1802

di Carlo Radollovich

Nella scuola elementare moderna, diversi elementi hanno contrassegnato una ben precisa evoluzione a partire dal 1990. Scomparsa inizialmente la presenza del maestro unico, si è passati al “gruppo docenti” (il ben noto modulo didattico) per poi approdare alle diverse modifiche previste dalla Riforma Moratti del 2003, susseguentemente ristudiate dalla riforma Gelmini. Sarebbe troppo lungo illustrare in questa sede le molteplici normative che si sono alternate. Ci sembra per contro interessante, sotto il profilo storico, compiere un breve excursus sulla scuola primaria introdotta a Milano nel corso dei secoli.

Iniziamo con la segnalazione dei primi abbozzi di istruzione primaria che, verso la fine del Quattrocento, non erano affatto mancati, anche se, non di rado, le lezioni si svolgevano in cameroni bui e piuttosto malconci di qualche vecchio monastero. Ma ai primi del Cinquecento l’ubicazione delle aule migliorò notevolmente, così pure la diffusione del concetto di scuola elementare grazie a Giovannangelo Porro (1451-1505) che nella propria parrocchia insegnava soprattutto a leggere, ma anche a far di conto, ad un nutrito numero di piccoli allievi.

Ricordiamo pure Girolamo Emiliani (1486-1537), nel nome del quale i Padri Somaschi continuarono ad insegnare, curando non soltanto l’istruzione, ma anche l’educazione cristiana.

E non va nemmeno dimenticato Castellino da Castello (1479-1566), cappellano della chiesa dei SS. Giacomo e Filippo nei pressi di Porta Nuova, riconosciuto fondatore di ben trenta scuole nella nostra città (poi meglio riorganizzate da San Carlo Borromeo, il quale introdusse tra l’altro anche corsi serali per persone adulte). Di particolare importanza fu la sua decisione di affiancare l’insegnamento religioso alle regole dello scrivere e dell’aritmetica. L’abbinamento religiosità-laicità fu addirittura fonte di sospetto d’eresia da parte di monsignor Giovanni Maria Tosi, sospetto comunque rientrato dopo i necessari chiarimenti da parte di Castellino da Castello.

Durante il periodo contrassegnato dalla dominazione spagnola, iniziato nella seconda metà del Cinquecento, venne purtroppo data ben poca importanza all’istruzione pubblica di primo grado, affidata alle sole congregazioni. Ma ecco che, sotto il dominio austriaco, l’imperatrice Maria Teresa promosse nel 1774 una serie di riforme sociali e, con apposito editto, introdusse l’istruzione primaria obbligatoria, finanziata con i beni posseduti dalla Compagnia di Gesù. L’imperatrice varava tre tipi di scuola, improntate alla metodologia prussiana: la Normalschule, creata in ogni regione dello Stato, la Hauptschule (scuola principale) istituita in ogni distretto e la cosiddetta Trivialschule, presente in qualsiasi villaggio, anche se scarsamente popolato. Tutti i bambini avevano l’obbligo di frequentare la scuola dal sesto anno di età sino al dodicesimo. Malgrado le numerose proteste dei genitori, che si vedevano privati di una non trascurabile porzione di forza-lavoro, le scuole procedettero bene e con assoluta regolarità.

Sotto i francesi, durante la Repubblica Cisalpina, (1797-1802) l’istruzione elementare era in gran parte affidata ai parroci, alle istituzioni di carità o a precettori privati. Nei vari collegi, le testimonianze espresse erano spesso di segno negativo e lo stesso Manzoni informava in tal senso. In sostanza, il corpo insegnante era fortemente clericalizzato. Tuttavia, gli stipendi erano attestati su livelli talmente bassi che erano in grado di sopravvivere solo coloro che potevano godere di benefici ecclesiastici. E in ogni caso si notava un inequivocabile passo indietro rispetto alle scuole primarie del governo austriaco.

 

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