Sono trascorsi oltre dieci giorni dal 24 febbraio scorso quando abbiamo appreso dai media dell’assalto della Russia all’Ucraina. I giorni sono trascorsi e la situazione si è sempre più aggravata in un conflitto bellico con una grande differenza di schieramenti e mezzi bellici, tanti da far pensare all’episodio biblico della lotta del giovane pastore Davide contro il gigante Golia, poiché la differenza potenziale tra le due nazioni è immensa.
La Russia con la capitale Mosca è la nazione più grande a nord est dell’Europa, con una superfice di 17.130.000 km², una popolazione di 144,1 milioni di abitanti e il presidente è Vladmir Putin, ex militare ed ex funzionario del KGB. Mentre l’Ucraina è una nazione Europea, molto più piccola, con una superfice di 603.548 km², una popolazione di 44,13 milioni di abitanti, la capitale è Kiev e il presidente è Volodymyr Zelensky, un attore diventato politico, che sta difendendo con grande forza e coraggio la sua Nazione e il suo popolo, ecco il perché del riferimento della lotta tra Davide e Golia.
Stiamo assistendo ogni giorno a reportage televisivi che ci riferiscono notizie sempre più allarmanti e preoccupanti dell’avanzata militare russa e si iniziano a contare molte vittime tra civili e militari ed il numero è in continuo aumento.
La disparita bellica tra le due nazioni è enorme, emblematico è stato vedere immagini della popolazione civile ucraina nel preparare e passarsi di mano in mano le bottiglie incendiarie preparate per difendersi dall’arrivo dei carri armati per ostruire il loro passaggio e cercare di contenere l’aggressione e l’avanzamento dei convogli militari russi nelle città ucraine più strategiche accerchiandole per poterle invadere.
Tutti stiamo seguendo con apprensione e grande angoscia l’escalation del conflitto: il pensiero di tutti noi, che viviamo in paesi democratici e liberi, non può che andare verso l’eroico popolo ucraino che sta soffrendo questa devastante aggressione e tenta di difendersi abbattendo alcuni ponti posti in posizioni strategiche per far si che i carri armati e i convogli militari russi non possano avanzare. I ponti si costruiscono per unificare i popoli, in questo caso si demoliscono per difendersi dall’aggressione.
In Italia, come in altre nazioni, i cittadini sono scesi nelle piazze a manifestare per la pace e per esprimere la loro vicinanza e solidarietà al popolo ucraino per una pace immediata, affinché possa cessare il conflitto e si possa trovare al più presto un accordo che metta fine alle ostilità ristabilendo lo stato di diritto e l’autonomia politica della Ucraina.
Sin dall’inizio di questo drammatico momento bellico le Diplomazie internazionali sono in dialogo continuo tra di loro: da quella italiana a quella francese, condotta dal Presidente Emmanuel Macron quale presidente di turno del Consiglio dell’Unione Europea, nonché dai vari rappresentanti Istituzionali dell’Unione Europea, della NATO, dell’ONU, degli Stati Uniti d’America e diversi rappresentanti Istituzionali delle altre Nazioni. Incontri e vertici diplomatici per negoziare ed arrivare a una risoluzione pacifica e scongiurare un conflitto che potrebbe diventare mondiale.
Molto importante e significativa è stata la visita di Papa Francesco presso l’ambasciata Russa della Santa sede a Roma svoltasi la mattina del 25 febbraio scorso. Per la prima volta un Pontefice si è recato in Ambasciata per incontrare l’ambasciatore russo Alexander Avdeev e riferire di tutta la sua preoccupazione sull’assalto compiuto, nonché per portare un messaggio al fine di far cessare la guerra e cercare un dialogo costruttivo per arrivare alla pace.
Papa Francesco in tale contesto ha anche riferito: ”Vorrei appellarmi a quanti hanno responsabilità politiche perché facciano un serio esame di coscienza davanti a Dio, che è Dio della pace e non della guerra, che è Padre di tutti, non solo di qualcuno, che ci vuole fratelli e non nemici”.
Un altro momento drammatico ed inquietante di questo conflitto è quello accaduto nelle prime ore di venerdì scorso quando c’è stato l’attacco delle forze militari russe alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la seconda centrale più grande d’Europa: se fosse esplosa ci sarebbero state conseguenze dieci volte piú gravi di quelle causate dall’incidente della centrale nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986.
Questa riflessione sul conflitto non vuole essere un servizio di cronaca bellica poiché tutto ció viene giá ampiamente riferito dai corrispondenti dei media di tutte le emittenti televisive e della stampa.
Con questo articolo desidero riferire in particolare della solidarietà dei milanesi che, come sempre, non smentisce il detto “Milan dal cor in man” tanta é la generosità e l’accoglienza verso il popolo ucraino. Sono tante le associazioni di volontariato laiche e religiose che con le parrocchie e la Caritas Ambrosiana sono impegnati in tale solidarietà.
Molto importante è quanto si sta assistendo anche nel territorio del Municipio 8, in via Ludovico di Breme n.11, presso la sede del Consolato Generale d’Ucraina di Milano. Lì molti cittadini si stanno recando per portare beni di prima necessità e all’interno del cortile del consolato, i pacchi vengono aperti e separati nelle diverse tipologie di prodotti e sistemati per spedirli in Ucraina.
I prodotti che al momento sono di primaria necessità e che si stanno ritirando sono: tappi per orecchie, filtri auricolari, traverse, scotch per pacchi, medicinali per ustioni e bruciature, cerotti grandi, lacci emostatici, flebo (farfallina e tubi), scatoloni e borse grandi, medicinali vari, antidolorifici, antibiotici ed antinfiammatori. Gli addetti del Consolato hanno riferito che al momento non raccolgano coperte ed abbigliamento per adulti. I volontari ucraini e anche italiani dopo aver fatto la selezione dei prodotti, gli stessi li rimettono nelle scatole indicandone in lingua ucraina il tipo di prodotto contenuto e dopo con i vari mezzi altri volontari li portano presso l’area attrezzata per l’occasione a Novegro e caricati su TIR per portarli in Ucraina o nei pressi dei confini e consegnarli lì dove c’è bisogno. Va riferito inoltre che presso il Centro accoglienza del comune di Milano di via Aldini n.74, gestito dalla Fondazione Progetto ARCA, è stato accolto un primo nucleo familiare ucraino composto dai genitori e dai tre figli.
Un pensiero particolare va a quelle madri ucraine che vivono a Milano e in tutta Italia, dove la maggior parte di loro sono operatrici socio-assistenziali che curano i nostri anziani, e adesso stanno vivendo con ansia e paura sapendo che nel loro paese i familiari sono in pericolo ed i figli e i mariti sono stati chiamati a difendere il paese da una guerra assurda che nessuno vuole.