di Ugo Perugini
Luca Nannipieri, autore del libro “Capolavori rubati”, Skira edizioni, fa un’affermazione decisamente sorprendente. Non è vero, come diceva il principe Miškin nell’”Idiota” di Dostojevskij, che “La bellezza salverà il mondo”. Questo, almeno, non è ciò che accade nel settore delle opere d’arte.
La bellezza dei grandi capolavori della storia dell’arte, massima espressione della creatività e della genialità dell’uomo, infatti, nel corso dei secoli, ha sempre risvegliato gli istinti più oscuri e meno nobili dell’animo umano, a cominciare dall’egoismo, dall’avidità, dalla smania di possesso, dalla vanità, dalla ricerca del prestigio personale. E ha portato a conseguenze terribili come conflitti, omicidi, saccheggi, spoliazioni, trafugamenti, sciacallaggi. Il tutto per potersi appropriare di opere d’arte, sottraendole alla disponibilità di tutti.
Il danno sociale dei furti di opere d’arte
A parte il danno economico di queste appropriazioni indebite, infatti, vi è anche il danno sociale, in quanto molte opere non potranno più essere ammirate e apprezzate dal grande pubblico. Per converso, però, si è assistito spesso a un incredibile paradosso. Certe opere, prima quasi ignorate, hanno ricevuto una maggiore attenzione dal pubblico proprio nel momento in cui sono state rubate. Il caso della Gioconda è emblematico in questo senso. Dopo che l’idraulico Perugia l’aveva sottratta al Museo del Louvre, l’opera di Leonardo, che pochi conoscevano, divenne famosissima e ancora oggi resta un’icona e un’immagine pop universalmente nota.
Un altro celebre “cold case”, come si direbbe oggi, è quello dell’opera di Klimt “Ritratto di signora”, trafugato nel 1997 dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza, su cui non mancarono indagini e ricerche (se ne occupò anche “Chi l’ha visto?”) senza esito. Quadro balzato all’attenzione del pubblico anche perché prima del furto era stata scoperta, in una indagine ai raggi X, una seconda figura di donna vestita con abiti invernali sotto il ritratto originario. Insomma, mistero dentro mistero.
Altro caso misterioso quello della “Natività” del Caravaggio, quadro conservato all’Oratorio di San Lorenzo di Palermo, scomparso nel 1969 (forse ad opera della mafia) e non ancora ritrovato, nonostante tutti i tentativi per recuperarlo. Si tratta di un incredibile capolavoro, famoso per il manto di San Giuseppe e il suo “bel rutilante verde” come diceva lo stesso autore. Su questo episodio ne hanno scritto in molti, da Sciascia a Mauro De Mauro (il giornalista sparito nel nulla) fino ad Andrea Camilleri.
Proteggere i capolavori. La figura del security manager
Luca Nannipieri, critico d’arte e titolare di una nota rubrica su “Rai Uno”, descrive queste e altre storie (una ventina in tutto, più o meno note), con una penna agile e piacevole che ci fa entrare dietro le quinte di questo mondo spesso poco conosciuto, analizzando anche i grandi eventi storici che riguardano le spoliazioni di Napoleone, le razzie naziste, le depredazioni dei musei e siti orientali ad opera di colonialisti e imprenditori.
Di fronte ai casi di furto di opere d’arte, molto frequenti, ci si chiede che cosa è possibile fare. Quali provvedimenti possono adottare i responsabili della tutela dei beni culturali. Carlo Hrubi, presidente della Fondazione omonima per la sicurezza dei beni storici, artistici e architettonici, sostiene una cosa ovvia, ma spesso dimenticata, che “la protezione è la prima forma di tutela”.
Ma in Italia, Paese ricchissimo di opere d’arte, manca purtroppo la cultura della sicurezza. E questo, nonostante l’evoluzione della tecnologia renda possibile disporre di strumenti sensibilissimi, come, ad esempio, gli accelerometri, in grado di segnalare qualsiasi piccolo movimento subisca il quadro, a costi decisamente ridotti (poco più di un centinaio di euro), in relazione al valore delle opere che deve proteggere.
Carlo Hrubi sottolinea anche la mancanza di professionalità in questo ambito, dal momento che in nessun museo italiano esiste ancora la figura del security manager. D’altra parte, la criminalità ha iniziato ad usare tecniche e aggressività inaudite. Il furto a mano armata nel 2015 di 17 opere di inestimabile valore nel Museo di Castelvecchio a Verona, si è compiuto come fosse un assalto in banca, anche se poi si è scoperto che non esistevano tecnologie adeguate a protezione e che vi era un basista all’interno. In questo caso, le opere, grazie all’intervento dei Carabinieri, sono state recuperate (erano finite in Ucraina).
Luca Nannipieri ha sottolineato con amarezza però che in Italia continuano ogni giorno saccheggi nei siti archeologici, spoliazioni notturne che portano poi i responsabili a rivendere su Internet a prezzi stracciati i reperti, che nella maggioranza dei casi finiscono su mercati stranieri. Bisogna cercare di opporsi a questo crimine continuato, a questo sciacallaggio che depreda tutti noi.
Luca Nannipieri, “Capolavori rubati” Skira, 176 pagine, 19 euro.
Sulla copertina del libro la famosa “Saliera” di Benvenuto Cellini, rubata nel 2003 e recuperata tre anni dopo.