In questi mesi la stampa italiana ci ha spesso intrattenuto su un argomento che riveste particolare importanza: il ritiro progressivo dei ghiacciai come conseguenza del riscaldamento globale e di altri fattori.
Ma non si tratta di un tema affrontato solo da alcuni decenni e che ci allarma considerevolmente, con il timore che lo scioglimento dei ghiacciai sia arrivato ad un punto di non ritorno.
Infatti, già nel 1881, l’abate Stoppani, geologo, paleontologo e pure esperto in glaciologia, nato a Lecco ma considerato milanese d’adozione, tenne un preciso discorso in occasione di una conferenza tenutasi presso l’Accademia dei Lincei di Roma, alla presenza del re Umberto I e della regina Margherita.
Intrattenne gli ascoltatori “Sull’attuale regresso dei ghiacciai sulle Alpi” e con l’occasione forni’ alcuni dati sul cambiamento climatico, reo in parte del graduale ritiro lamentato. Cito’ che dal 1797 al 1806 i giorni di neve a Milano furono 243; dal 1857 al 1876 le giornate nevose erano state soltanto 166.
Pose l’accento sul fatto che, in soli 50 anni, le giornate nevose si erano ridotte notevolmente e sottolineo’ con l’occasione che i ghiacciai rimanevano tra le poche risorse d’acqua disponibili. Inutile aggiungere, da parte nostra, che a quei tempi non esistevano ne’ invasi artificiali ne’ importanti dighe come riserva del prezioso liquido.
Stoppani si basava su osservazioni effettuate di persona e menzionava pure l’amara esperienza, vissuta da testimone oculare, del ghiacciaio del Forno in Engadina, la cui volta letteralmente crollò all’improvviso, con gravi conseguenze per le imponenti masse di ghiaccio e pietre scivolate verso il basso.
Terminato l’intervento di Stoppani, il re e la regina esternarono tutta la loro preoccupazione, ma l’abate, con viva sorpresa da parte dei reali, rispose tout court: “Non preoccupatevi, lasciate fare alla Provvidenza”.
Il tono del messaggio di Antonio Stoppani non rispecchia affatto le nostre forti apprensioni di oggi, ma va in ogni caso ricordato che i rilevamenti dell’abate, assolutamente privi di strumenti per la necessaria valutazione scientifica, si basavano su interpretazioni quasi sempre personali.
Stoppani era uomo di fede e si affidava sempre alla fede. Rendeva merito alla scienza, tuttavia riteneva che la stessa non fosse altro che una manifestazione del divino.