venerdì, Aprile 26, 2024
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Insonnia, patologia della notte e del giorno

Circa 790 milioni di persone colpite nel mondo, oltre 12 milioni in Italia: queste le persone che soffrono di insonnia, la cosiddetta “patologia della notte e del giorno” 

…in quanto interessa non solo il riposo notturno ma anche il funzionamento diurno con un impatto rilevante sulla qualità di vita del paziente compromettendo lavoro, studio, vita sociale e di relazione. Significativo anche l’impatto economico dell’insonnia in quanto è una delle principali cause di assenteismo e di riduzione della produttività sul lavoro: oltre l’1% del PIL annuale in costi diretti e indiretti. Un problema sanitario emergente che negli ultimi due anni è stato ulteriormente accuito dalla pandemia e recentemente dalla guerra in Ucraina: i lockdown, le limitazioni imposte, la paura del contagio e della guerra insieme al costante consumo di notizie hanno aumentato lo stress, il senso di incertezza e di imminente pericolo nella popolazione che hanno avuto un impatto notevole sulla quantità e qualità del sonno. L’insonnia, nonostante i suoi effetti negativi sulla salute delle persone colpite, rimane una patologia sottostimata, sottodiagnosticata e sottotrattata: i pazienti spesso la interpretano come un sintomo e si affidano al fai-da-te o al passaparola prima di ricorrere a un medico. 

A tutto questo contribuisce anche la propensione di molti dei media a considerare l’insonnia come un problema legato al benessere, allo stile di vita e alle cattive abitudini e non una vera e propria patologia. Spiegare cos’è l’insonnia e il rapporto con le 24 ore, illustrare quali sono i meccanismi fisiopatologici che determinano l’insonnia, approfondire il punto sullo stato della ricerca ed evidenziare l’impatto clinico, psicologico e socio-economico della patologia sono gli obiettivi del Corso di Formazione Professionale Continua per i giornalisti “Molto più di una semplice assenza di sonno: insonnia, la patologia delle 24 ore”, promosso dal Master della Sapienza Università di Roma ‘La Scienza nella Pratica Giornalistica’ con il contributo non condizionante di Idorsia. «L’insonnia è caratterizzata da una predominante insoddisfazione del soggetto riguardo alla quantità o alla qualità del sonno, associata a: difficoltà a prendere sonno, frequenti risvegli nella notte, risveglio precoce al mattino senza riuscire più a riaddormentarsi. La difficoltà a prendere sonno è sicuramente la situazione più frequente (circa il 44% dei casi). Tra i fattori di rischio: essere donna, età avanzata, sindromi dolorose, depressione, status socio-economico basso, cattiva salute e utilizzo di apparecchi elettronici e lettura a letto – dichiara Luigi Ferini-Strambi, Professore Ordinario di Neurologia Università Vita-Salute di Milano, Direttore Centro di Medicina del Sonno IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano – sono diversi i centri cerebrali che lavorano di concerto per promuovere il sonno o la veglia. Il ciclo sonno-veglia è un processo complesso in cui la veglia e il sonno vengono attivati e disattivati da sistemi in un rapporto reciproco».

È stato necessario oltre un ventennio di ricerca per riuscire a comprendere almeno in parte, il ruolo e la funzione dei neurotrasmettitori nel ciclo sonno-veglia tra cui quella dell’orexina, un neurotrasmettitore ipotalamico importante nella regolazione del ritmo sonno-veglia. «Nel 2000 al Congresso Americano di Neurologia di Seattle, Emmanuel Vignot rivela che nella narcolessia osservata nei cani Dobermann si ha una carenza di orexina e che è molto probabile che il deficit sia presente anche nella narcolessia umana – racconta Liborio Parrino, Direttore Scuola di Specializzazione in Neurologia e Direttore del Centro di Medicina del Sonno, Università di Parma e Direttore della Struttura Complessa di Neurologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma – da quel momento si cominciò a studiare l’orexina e a capire come questa sostanza teneva “sveglio” il cervello. Si iniziò a pensare a qualcosa che potesse inibire le orexine. Si apriva una nuova frontiera per la cura dell’insonnia: una lunga e faticosa ricerca per offrire ai pazienti insonni una possibile soluzione. In questo nuovo filone di studi si tentava di agire con un meccanismo innovativo “anti-veglia”, ovvero tutto ciò che poteva bloccare l’orexina»

L’insonnia cronica causa fatica persistente, irritabilità e difficoltà di concentrazione che si riverberano negativamente sulle attività lavorative e sociali del paziente e contribuiscono a scatenare stati di ansia e depressione.

«Uno stato di cronica privazione di sonno ha un impatto sulle attività produttive e sullo stato di salute, attuale e soprattutto futuro, delle persone – spiega Luigi De Gennaro, Professore Ordinario di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica e di Psicofisiologia del sonno normale e patologico, Sapienza Università di Roma – è ormai evidente come l’insonnia si associ a rilevanti problemi medici (cardiovascolari, oncologici, neurologici, respiratori, metabolici). Più in generale, l’insonnia si associa a importanti comorbidità in una lunga serie di condizioni mediche e psichiatriche (ad es. disturbi d’ansia o depressivi). L’insonnia ha anche effetti sulla vita lavorativa di una persona ed è stato documentato che la privazione di sonno determina errori umani alla base degli eventi catastrofici. Una quantificazione esatta di un fenomeno così ampio, nelle sue conseguenze dirette e indirette, a breve o a lungo termine, non è una questione banale. Mentre è relativamente facile stimare i costi economici dei farmaci e dell’assistenza sanitaria, molto più problematica è la stima dei costi indiretti. Le poche indagini empiriche disponibili in tal senso indicano stime di costi che si aggirano intorno all’1% del PIL annuale, con un contributo prevalente dei costi indiretti rispetto a quelli diretti».

L’insonnia è donna. Le donne hanno una probabilità 1,41 volte maggiore rispetto agli uomini di soffrirne, specie nelle varie fasi del ciclo riproduttivo e della vita, come la menopausa. Inoltre l’insonnia tende a persistere maggiormente nelle donne rispetto agli uomini e incrementa con l’età per un rapporto di 3:1 dopo la menopausa.

«La donna esprime un rischio maggiore di insonnia in relazione alle varie epoche del suo ciclo riproduttivo, a partire dall’insonnia legata alla disforia premestruale e all’ovulazione, più evidente nella sindrome dell’ovaio policistico – sottolinea Rosalia Silvestri, Responsabile del Centro di Medicina del Sonno UOSD Neurofisiopatologia e Disordini del Movimento, AOU Messina, Professore Associato in Neurologia, Dipartimento di Neuroscienze e Neurochirurgia, Università di Messina – in menopausa appare in gran parte legata alla modificazione del quadro ormonale che interferisce anche con alterazioni del ritmo circadiano come dell’umore, ed è suscettibile al trattamento ormonale sostitutivo come alla melatonina. La disuguaglianza tra i due sessi e l’incremento in specifiche epoche del ciclo riproduttivo sarebbero verosimilmente il risultato di repentini cambiamenti a carico degli ormoni sessuali femminili che influenzano la neurotrasmissione e la plasticità cerebrale».

Sul fronte della ricerca recentemente la Commissione Europea (CE) ha concesso l’autorizzazione all’immissione in commercio a daridorexant: il primo antagonista doppio del recettore dell’orexina in Europa per il trattamento di pazienti adulti con insonnia cronica e una compromissione della funzionalità diurna. Daridorexant utilizza un innovativo meccanismo d’azione mirato a ridurre la veglia iperattiva nell’insonnia.

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