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Il “Giorno del Ricordo” per commemorare i martiri delle foibe

Il 10 febbraio scorso è ricorso il “Giorno del Ricordo” e in molti paesi e città d’Italia sono state svolte cerimonie di commemorazione per i martiri delle foibe e per i profughi istriani, giuliani e dalmati. Anche a Milano si è svolta in Piazza della Repubblica la cerimonia dedicata al ricordo di quelle vittime delle foibe e, antistante il monumento, sono state poste le corone del Comune di Milano, del Municipio 2, della Regione Lombardia ed altre.

Il monumento di Milano alla memoria dei Martiri delle foibe

Senz’altro le commemorazioni più importanti sono state quelle svoltesi nella mattinata di giovedì presso il Sacrario della Foiba di Basovizza in provincia di Trieste e quella che si è svolta nel pomeriggio al Senato della Repubblica italiana con la cerimonia ufficiale aperta dalla presidente del Senato, Elisabetta Casellati, e dal presidente della Camera, Roberto Fico, a cui é seguito l’intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi. Alla commemorazione erano presenti anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e le massime autorità dello Stato.  

Ingresso di una foibe sul dell’altopiano del Carso oggi

Questa giornata commemorativa é stata istituita il 30 marzo 2004 con la legge n° 92 e l’articolo 1 riporta: <<La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo» al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale>>.

La storia delle foibe e dell’esodo del popolo istriano, giuliano e dalmata inizió in pieno periodo bellico, in particolare dalla storica data dell’Armistizio dell’8 settembre 1943 e proseguí fino alla metà degli anni ’50 quando le comunità italiane dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono costrette ad abbandonare l’area nord orientale dei nuovi confini italiani che erano passati sotto la sovranità dell’allora Jugoslavia del Maresciallo Josip Broz Tito.

Immagine di una bambina esule giuliana

Fonti storiche riferiscono che sono stati oltre 300.000 gli italiani perseguitati dalla milizia di Tito e costretti ad abbandonare le proprie città e paesi, le attività lavorative e professionali, le abitazioni ed i beni affettivi e materiali, trovandosi da un momento all’altro ad essere profughi cercarono approdo in Italia o nelle altre nazioni. Va riferito che nemmeno da parte degli stessi italiani non ricevettero una benevole accoglienza a causa di un’ingiusta diffidenza politica che impropriamente gli si attribuiva.

Cartolina storica di Fiume italiana, Palazzo Regio Prefettura

Cosi nel corso degli anni purtroppo c’è stato un silenzio politico, sociale e culturale su quella tragedia umana che allora aveva colpito i connazionali italiani del confine orientale dell’alto Adriatico. Una pagina di storia tenuta forse volutamente nascosta per opportunità politica in un momento nel quale l’Italia era uscita sconfitta dalla guerra e subiva una spartizione geopolitica dei propri confini. Pertanto i nuovi equilibri politici costituitisi hanno taciuto su quanto si era verificato: soltanto agli inizi degli anni ’90 sì iniziò a parlare di foibe e dei profughi italiani.

Circa il termine profugo, ho un ricordo di quando ero piccolo al mio paese dove c’era una famiglia costituita dalla mamma, papà e due figlie. La mamma faceva la lavandaia a domicilio ed il marito forse bracciante agricolo, questa signora tutti la chiamavano “a profuch” ovvero la profuga. Allora non capivo bene il perché, ho capito il vero significato soltanto moltissimi anni dopo da adulto.

Cartolina storica di Trieste, piazza della Prefettura e Municipio

Un particolare momento di riferimento storico dei trasferimenti dei profughi, senz’altro il più conosciuto, è quello della mattina del 2 febbraio 1947 quando il piroscafo “Toscana” della Regia Marina lasciava il porto di Pola per Venezia. In quel periodo lo stesso piroscafo effettuò diversi viaggi trasportando a Venezia e ad Ancona oltre 13.000 profughi tra uomini, donne, bambini e anziani.

Allora alcuni termini come foibe od infoibati non erano nemmeno riportati sui vocabolari o le enciclopedie, almeno nelle edizioni degli anni settanta fino agli anni novanta. Successivamente in una edizione di un vocabolario degli inizi del 2000 ho trovato la definizione di “foiba” quale essere una cavità carsica di origine naturale con un ingresso a strapiombo a forma d’imbuto. Dopo diversi anni su un altro dizionario della lingua italiana edizione 2010 ho trovato alla parola “foiba”, insieme al significato, questa dicitura: “Foiba, vocabolo che ha raggiunta una ben triste popolarità soprattutto dopo la seconda guerra mondiale dopo la Liberazione. Indica una fossa, un burrone, entro il quale a Trieste e nelle regioni confinanti con la Jugoslavia venivano gettate le vittime delle rappresaglie militari e politiche durante la guerra. I macabri ritrovamenti hanno dato origine al verbo infoibare”.

I profughi italiani di Pola s’imbarcano sul piroscafo Toscana

Penso che tali vicende storiche del secolo scorso non debbano essere dimenticate, ma anzi ci debbano far riflettere su quanto è successo nel recente passato con le “pulizie etniche” nell’ex Jugoslavia e su quanto accade ancora oggi con i profughi che scappano dalla guerra e dalla miseria per entrare in Europa con ogni mezzo, affrontando intemperie e lughi viaggi via terra e via mare. Molto spesso Papa Francesco ci ricorda che il mar Mediterraneo è diventato il cimitero dei migranti. Inoltre, assistiamo alla costruzione di recinzioni metalliche e di muri in Europa – come tra i confini dell’Ungheria e la Serbia – per impedire il passaggio dei profughi siriani ed afgani. Persone che scappano in cerca di una vita migliore e tali situazioni non succedono solo in Europa, ma anche in molti altri paesi dell’Africa e dell’America.

Il Sacrario della Foiba di Basovizza (TS)

Pertanto tali giorni di ricordi non devono essere solo commemorativi ma ci devono far riflettere su ció che accade quotidianamente seppur geograficamente lontano da noi.

Per la cronaca, il primo “Giorno del Ricordo” in Italia fu commemorato il 10 febbraio 2005 al fine di rendere il legittimo riconoscimento di giustizia a quegli italiani che allora furono infoibati, ammazzati, perseguitati e si ritrovarono ad essere profughi.

Cerimonia del ricordo a Basovizza (TS)

Il Presidente Sergio Mattarella in tale commemorazione ha detto “Dobbiamo cercare un cammino di riconciliazione ed impegno di civiltà” mentre il premier Mario Draghi ha riferito “Occorre costruire una memoria storica condivisa”.

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