di Antonio Barbalinardo
Attraversando le vie periferiche della città è possibile vedere qualche camino in muratura all’interno delle vecchie aree industriali ormai dismesse.
Questi vecchi camini facevano parte di piccoli opifici o di attività produttive legate a piccole e medie lavorazioni ed erano costruiti con mattoni di color rosso. In base alla capacità produttiva della caldaia a cui era annesso, poteva raggiungere un’altezza tra i 10 e i 30 metri.
Come noto Milano, fino alla fine del secolo scorso, era una città industriale e faceva parte del cosiddetto “triangolo industriale” insieme a Torino e Genova, diventate simbolo di un importante periodo storico nazionale.
Dalla fine degli anni Ottanta, però, abbiamo assistito ad una trasformazione che ha portato Milano dall’essere il fulcro delle attività produttive al diventare una città terziaria: molte aziende, infatti, si sono trasferite in zone più periferiche abbandonando quelle aree che, solo dopo molti anni, hanno subito delle attività di bonifica e riqualificazione.
Possiamo ricordare diversi esempi di complessi abbandonati come l’ex fabbrica dell’Alfa Romeo –che venne trasferita dal Portello ad Arese – oppure lo smantellamento e la dismissione dell’ex area Purfina che sorgeva nei pressi del ponte Palizzi in zona Quarto Oggiaro, dove poi è stato costruito il nuovo complesso di Euromilano. Anche l’area dell’ex Fabbrica del Vapore – dell’allora Carminati Toselli & C. – posta tra via Procaccini e via Messina, è stata riqualificata e trasformata in quello che è diventato un centro polifunzionale di attività culturale ed espositivo.
Nel corso degli anni si è cercato di trasformare queste zone con attenzione progettistica volta ad un utilizzo senza ulteriore spreco di suolo per poi destinarle dopo il recupero ad uso terziario, commerciale, residenziale abitativo sia privato che pubblico con concessioni a cooperative d’edilizia convenzionate e alla creazione di ampie aree verdi ad uso pubblico.
In queste ex aree produttive, però, possiamo ancora osservare alcuni camini in muratura che testimoniano l’architettura industriale di Milano anche se spesso sono abbandonati a loro stessi, coperti da una fitta vegetazione o destinati, in modo improprio, ad essere basi d’appoggio per antenne di ponti radio o della trasmissione telefonica.
La mia considerazione finale, quindi, tenendo conto dei pochi camini integri rimasti, è che sia necessario salvaguardali e tutelarli per proteggere e mantenere viva un’importante memoria storica della città.