di Carlo Radollovich
Leggendo il Manzoni, precisamente il capitolo ove vengono descritte le battaglie per il prezzo del pane in una Milano del Seicento afflitta da una grave carestia, è possibile comprendere come certe regole in tema di economia, discusse a quei tempi, possano per certi versi essere considerate attuali. Siamo nel 1628 e Gonzalo Fernandez de Cordoba (1585-1635), governatore di Milano, invischiato nella guerra per la successione al ducato di Mantova e pure del Monferrato, decideva di abbandonare la nostra città affidandola al gran cancelliere Antonio Ferrer (1564 – 1634).
Sorgono spontanee alcune considerazioni sulla condotta di tale Ferrer, alle prese con la carestia del 1628/1630. Da un lato desiderava combattere quei commercianti che volevano fissare il prezzo del grano a livelli sempre più alti. Dall’altro, il gran cancelliere, per non perdere il prestigio derivante dalla sua carica e soprattutto per difendere la sua posizione, li voleva senz’altro più bassi, dimostrando così la sua assoluta mancanza di competenza nei riguardi delle più elementari normative economiche.
Emettendo decreto su decreto, aggiungeva errore su errore, illudendosi che l’aver imposto più di un calmiere sul prezzo del pane potesse risolvere la delicata situazione. Inoltre, non comprese che la sua sbagliata politica sul prezzo minimo provocava sul mercato una maggiore richiesta della preziosa materia prima, determinando così una progressiva scarsità di pane. Come se ciò non bastasse, malgrado il parere contrario espresso dal vicario di provvisione Lodovico Melzi d’Eril (1594 – 1649), consentiva l’uscita di grano dai depositi in forma decisamente più robusta rispetto al consentito, causando gravi danni al profitto degli agricoltori. E i cittadini restavano comunque privi, o quasi, di pane.
Sarebbe inutile ricordare qui, dettagliatamente, i vari assalti al forno di manzoniana memoria. Resta in ogni caso l’amara constatazione che si registrarono incredibili pigia-pigia e, nella calca, diverse pagnotte furono seminate per strada. Anche lo stesso Renzo notò alcuni pani per terra e si chiese “Li piglio? Li hanno lasciati qui alla discrezion dei cani; tant’è che ne goda anche un cristiano”. La popolazione esaltava Ferrer, mentre fornai e agricoltori odiavano il Melzi di tutto cuore.
E il vicario Melzi, al contrario di Antonio Ferrer, rimane tuttavia una sorta di precursore di quella scuola che sa adeguare l’economia alla realtà delle varie situazioni. Possiamo dire che il Melzi, assai fermo di carattere, era pronto a difendere gli interessi della città di Milano adottando una congrua politica sul prezzo del pane, mentre Antonio Ferrer, nonostante i suoi numerosi sostenitori tra la folla, appare come figura del tutto incapace sotto il profilo tecnico. E anche oggi, nel mondo della politica in generale, appaiono personaggi competenti e soggetti meno qualificati…