sabato, Aprile 20, 2024
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GIANNI CAPRONI E LA SUA INDUSTRIA AERONAUTICA

di Carlo Radollovich

L’ingegner Gianni Caproni, imprenditore e pioniere dell’aviazione italiana, nacque nel 1886 a Massone (ora Arco) quando la località era ancora sotto l’Austria, ma la sua famiglia era di sincera tradizione irredentista.

Perfetto conoscitore della lingua tedesca, si laureò in ingegneria civile presso il politecnico di Monaco di Baviera. Appassionato da sempre di aeronautica, assistette a Parigi ad una dimostrazione di volo dei Fratelli Wright.

Dopodiché riuscì a realizzare presso il suo piccolo stabilimento di Arco il suo primo velivolo a motore, battezzato Ca.1. Significativo il fatto verificatosi il 18 settembre 1908, quando il pilota Germano Ruggerone detto “Eros”, a bordo di un altro Caproni, mandò in visibilio centinaia di persone volteggiando a bassa quota attorno alla Madonnina del nostro Duomo.

Seguirono altri esperimenti su aerei dall’esito non sempre soddisfacente. Comunque, nel 1911, riuscì a fondare la ditta Caproni a Vizzola Ticino, nelle vicinanze di Somma Lombardo, azienda destinata a diventare quasi una leggenda nella storia dell’aeronautica.

Un ulteriore sviluppo aziendale riuscì ad ottenerlo creando una fabbrica a Taliedo, oggi individuabile tra le vie Mecenate e Ungheria. Qui l’ingegner Gianni iniziò a sviluppare trimotori da bombardamento (siglati Ca.31,32,33) e anche aerei da caccia (Ca.18 e 20) che nel corso del primo conflitto mondiale furono veri protagonisti.

Malgrado le conquiste dell’aria sempre più tangibili, Caproni non dimenticò mai in cuor suo coloro che combattevano il nemico a terra, in quelle trincee che si bagnavano costantemente di sangue.

Sarebbe tuttavia errato legare Gianni Caproni esclusivamente alle memorie di guerra poiché, nel periodo postbellico, si preoccupò di dare spazio anche al trasporto passeggeri creando ad esempio il Caproni Transaereo, un enorme idrovolante capace di ospitare sino a cento persone.

Nel 1929 si recò negli Stati Uniti stilando uno speciale accordo con l’azienda Curtis. Scriverà a questo proposito, non proprio apprezzato dal regime: “In questa corsa al progresso è utile per noi italiani affiancarci agli americani e partecipare attivamente alle loro
iniziative”.

I suoi idrovolanti continuarono a volare e a stupire anche dopo gli anni Trenta. Tuttavia, nel secondo dopoguerra, vennero a mancare diverse commesse cosicché l’azienda entrò in crisi tra il 1947 e il 1951. L’ingegnere cercò finanziatori in diversi Paesi con non molta fortuna e fece pure un suo viaggio negli States ove venne ricevuto dal presidente Truman.

Qui si stupì ammirando su una parete dello studio presidenziale la foto di Wilbur Wright accanto alla sua. “Voi due siete i creatori dell’aviazione mondiale”, disse Truman.
Peccato per la Caproni che, in quegli anni, il governo italiano preferisse rivolgersi all’estero per l’acquisto di aerei a condizioni più favorevoli.

La crisi della Caproni si fece ancora più pesante e tutto ciò contribuì ad abbattere, anche moralmente, l’ingegnere. Ammalatosi nell’estate del 1957, spirò a Roma nel mese di ottobre a soli settantuno anni.

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