di Stefania Bortolotti
Una malattia che in tutto il mondo colpisce 160 milioni di persone (quattro volte più delle persone con HIV), di cui 1,5 milioni in Italia, ovvero il 2% della popolazione. L’Italia detiene anche il triste primato europeo per la prevalenza delle malattie epatiche e l’epatite C che, da sola o associata ad altri fattori, è la prima causa di cirrosi epatica e tumore al fegato.
Sono questi gli aspetti chiave di una patologia che dal 1989, anno dell’identificazione del virus HCV, si è imposta all’attenzione dei clinici per il suo carattere cronico, la sua asintomaticità, lunga anche decenni, e la sua frequente progressione (10-40% dei casi) verso la cirrosi epatica.
“L’OMS ha calcolato che ogni anno si registrano 3-4 milioni di nuovi casi di epatite C nel mondo – dichiara Antonio Craxì, Professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Palermo – Tali dati potrebbero rappresentare una sottostima del reale quadro epidemiologico globale”.
“E circa un quarto dei pazienti con infezione da virus HIV – aggiunge inoltre Gloria Taliani, Professore ordinario di Malattie Infettive della Sapienza Università di Roma – si stima sia anche infetto da virus dell’epatite C. Sarebbero dunque quasi 7 milioni i pazienti co-infetti”.
Nell’arco di 25 anni lo scenario è però cambiato e oggi si parla con maggiore concretezza di una possibile eradicazione del virus. L’attenzione mediatica su questa patologia è sempre più alta e l’informazione ha un ruolo di primo piano nella divulgazione dei progressi della ricerca, nel dibattito sulla sostenibilità delle cure e, non ultimo, nel supporto al processo di empowerement dei pazienti.
Sono queste le ragioni alla base del Corso di Formazione Professionale “Epatite C. Il ruolo di informazione e comunicazione tra progressi della ricerca e vissuto dei pazienti” che coinvolge istituzioni, pazienti, clinici ed esperti di salute, promosso dal Master di I livello ‘La Scienza nella Pratica Giornalistica’ (SGP) della Sapienza Università di Roma e realizzato grazie al supporto incondizionato di MSD Italia.
Per oltre un decennio, l’unica terapia disponibile per l’epatite C era basata su interferone e ribavirina a cui, nel 2011 si sono aggiunti gli inibitori della proteasi di I generazione (boceprevir e telaprevir). Dal 2014 l’avvento dei nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAAs) ha innescato una vera e propria “rivoluzione” nella cura di questa patologia.
“La disponibilità dei nuovi regimi orali anti-HCV – precisa Massimo Colombo, Professore ordinario di Gastroenterologia dell’Università degli Studi di Milano – ha triplicato l’accesso alle cure dei pazienti ultrasettantenni e con cirrosi, raggiungendo alcune categorie, come i pazienti con severa insufficienza epatica, scompensati e con trapianto d’organo, in precedenza controindicate ai trattamenti a base di interferone”.
Riguardo agli scenari futuri, Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, spiega: “Oggi l’infezione da HCV rientra sicuramente tra le grandi patologie a respiro globale, ma la prospettiva è in rapida evoluzione. I grandi progressi della terapia anti-HCV, con lo sviluppo di regimi basati su combinazioni di farmaci ad azione diretta, somministrabili esclusivamente per via orale, che non necessitano di interferone e spesso anche di ribavirina, sicuri e ben tollerati, efficaci anche nei pazienti “difficili” con cirrosi, in grado di “eradicare” il virus nel 90-100% dei casi in tempi brevi (8-12 settimane), non soltanto sono risolutivi e in grado di cambiare la storia naturale della malattia di tanti pazienti ma, in prospettiva, potrebbero modificare l’epidemiologia globale di questa infezione”.
Nel 2016 è prevista l’introduzione di nuovi regimi terapeutici ancora più semplici, di minore durata, in grado di ottenere una risposta virologica sostenuta in appena 12 settimane di trattamento anche su pazienti difficili da trattare con gran parte delle opzioni terapeutiche disponibili, come quelli con cirrosi, co-infezione HIV-HCV, insufficienza renale avanzata e precedenti fallimenti terapeutici.
“Il virus HCV è sotto attacco, ma non sconfitto – dichiara Carlo Federico Perno, Professore di Virologia all’Università di Tor Vergata di Roma – L’obiettivo futuro è quello di poter disporre di farmaci anti-HCV sempre migliori dal punto di vista del profilo di tollerabilità, efficacia e sicurezza, con scarse interazioni farmacologiche, in grado di poter trattare i pazienti complessi ottenendo alti tassi di guarigione. Questo obiettivo sembra raggiungibile nel prossimo futuro con la nuova ondata di farmaci in arrivo e con un approccio meno schematico ai bisogni di ciascun paziente”.
“In questo scenario – prosegue Savino Bruno, Professore straordinario di Medicina Interna della Humanitas University of Medicine, Rozzano (Milano) – il controllo globale dell’epatite C non è più una chimera. Con l’evoluzione delle terapie il virus potrà essere eradicato e la trasmissione potrà essere controllata, ma il progresso clinico dovrà essere sostenuto da un adeguamento delle infrastrutture di sanità pubblica, sufficienti fondi a disposizione e pieno sostegno politico-sociale”.
I successi della ricerca devono infatti fare i conti con la questione della sostenibilità connessa ai costi delle nuove opzioni terapeutiche.
“A fronte degli elevati benefici clinici finora dimostrati dai medicinali innovativi – dichiara Simona Montilla, Dirigente Farmacista AIFA, Agenzia Italiana del Farmaco – tutti i sistemi sanitari hanno dovuto principalmente affrontare il problema della sostenibilità economica del loro utilizzo. In Italia, anche grazie allo stanziamento di specifiche e dedicate risorse finanziarie allocate nel Fondo dei farmaci innovativi, è stata garantita la disponibilità di accesso alla terapia più ampia d’Europa (oltre 50.000 pazienti) nel primo biennio di introduzione di queste terapie, nonché la definizione di specifici strumenti di adeguamento dei prezzi in ragione dei volumi prescritti, anche e soprattutto attraverso l’attivazione di specifico monitoraggio attraverso i Registri AIFA. L’insieme di questi strumenti ha così garantito i prezzi più competitivi d’Europa e la sostenibilità delle cure”.
Il supporto incondizionato di MSD Italia al Corso di Formazione Professionale conferma l’impegno dell’Azienda nell’area dell’epatite C; un impegno che si manifesta non solo con la ricerca, che ha portato a traguardi importanti nello sviluppo di nuove terapie (dal primo interferone pegilato agli innovativi antivirali diretti), ma anche tramite la collaborazione e la partnership con i pazienti, i ricercatori e le istituzioni.
“Dalla sua fondazione nel 1891, MSD si è sempre impegnata a migliorare la salute di milioni di persone in tutto il mondo dedicandosi con passione alla scoperta di molecole innovative in grado di prevenire, trattare e guarire diverse patologie – conclude Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato di MSD Italia – La nostra Azienda vanta una storia di oltre 30 anni nell’area dell’epatite C. Nei nostri laboratori sono state scoperte molecole che costituiscono vere e proprie pietre miliari, che hanno cambiato l’approccio alla patologia e, soprattutto, hanno profondamente migliorato l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti. Un impegno, il nostro, che continua ogni giorno per rendere disponibili opzioni terapeutiche con una eccellente e nuova efficacia e un elevato profilo di tollerabilità a popolazioni di pazienti sempre più ampie, contribuendo, così, al raggiungimento di uno dei più importanti obiettivi di salute pubblica: l’eradicazione del virus”.