sabato, Aprile 20, 2024
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COVID 19 E ANNOTAZIONI SULLA VECCHIA “SPAGNOLA”

di Carlo Radollovich

Gli organi d’informazione stanno attualmente sottolineando, sebbene in modo meno preoccupante rispetto al periodo in cui era in vigore il “lockdown”, come i danni causati dal Coronavirus si attestino sinora su 270mila contagi in tutto il Paese (dall’inizio della terribile infezione), con una mortalità che sfiora i 35.500 casi. In Lombardia sono stati registrati sino ad ora 100mila ammalati con 17mila decessi circa.

Ci corre l’obbligo di effettuare un raffronto con un’altra epidemia altrettanto grave e abbastanza vicina nel tempo: l’influenza “spagnola”, scoppiata tra il 1918 e il 1920. Venne così chiamata perché i primi ammalati furono citati dalla stampa iberica, non sottoposta a censura perché la Spagna non fu coinvolta nel primo conflitto mondiale. Per contro, i Paesi belligeranti tennero nascosta l’epidemia in un primo tempo, limitandosi a informare che la malattia era circoscritta al solo territorio spagnolo.
Si stima che le vittime italiane furono all’incirca 600mila con una incidenza dell’1,5% sulla popolazione di allora, pari a 40 milioni circa.

E nella nostra città, quanti furono i colpiti dalla “spagnola”? A settembre 1918 si lamentavano già 850 morti e 3000 nel solo mese di ottobre. Alla fine della pandemia milanese (aprile 1919), i morti superavano l’imponente cifra di 10mila circa.

Il sindaco Emilio Caldara (1868 – 1942), dopo aver affermato che si trattava “certamente di influenza”, faceva appello alla popolazione per una completa igiene in via generale, raccomandando tra l’altro le seguenti precauzioni: “curare la più scrupolosa nettezza della persona, mantenere le condizioni ordinarie di vita evitando eccessi nel mangiare e nel bere, ai primi segni della malattia mettersi a letto e chiamare il medico, adottare tutte le norme comuni alle forme di influenza.”

Era il 4 ottobre 1918 e l’Italia sentiva particolarmente vicino il profumo della vittoria, tanto che il ministro degli Interni Vittorio Emanuele Orlando segnalava che le varie interpretazioni della malattia erano “frutto di incompetenza e di fantastica sovreccitazione”.

Molto più prudente il vicesindaco milanese Verratti, il quale vietava l’affollamento nei tram, reprimeva lo sporco comportamento di sputare sul pavimento dei caffè e delle osterie evitando pure di insalivare biglietti normali e monete cartacee.

Un’amara osservazione a livello nazionale: in piena euforia per aver raggiunto la vittoria militare, non si volle “punire” il Paese con pesanti provvedimenti restrittivi. Risultato: la pandemia tornò ad aggredire sino a raggiungere i 600mila morti in tutta Italia, come già ricordato.

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