L’artista Carol Rama, nata Olga Carolina Rama, vede la luce a Torino nel 1918 e la sua giovinezza risulta spesso trasgressiva, decisamente in contrasto con le idee del regime fascista.
Negli anni Trenta inizia a eseguire i primi acquarelli, ma soltanto nel 1979 espone per la prima volta opere effettuate da giovane, riscoprendo quell’Olga originariamente rappresentata da una presenza fragile, ma, per contrasto dotata da una voce altisonante.
Lei racconta alla saggista Lea Vergine (1936 – 2020) che agli inizi dipingeva oggetti-feticci come dentiere, strane scarpette, scopini, addirittura pisciatoi, osservati da una ragazza che metteva in mostra la lingua (o le lingue) dai diversi colori.
Terminato il secondo conflitto mondiale, Carol inizia una carriera sui generis, che possiamo comunque definire decorosa, confrontandosi con giovani artisti torinesi legati al mondo dell’astrattismo. In ogni caso, lei si identifica maggiormente con il primitivismo del Gruppo Cobra, fondato da conosciuti artisti come Karel Appel e Asger Jorn.
Viene invitata alle Biennali di Venezia e pure alle personali di oltre oceano, ma lei si muove poco da Torino per mancanza di quattrini, asserendo (dice lei) che non vende a sufficienza.
Negli anni Sessanta si inventa un curioso bricolage, una particolare tecnica mista tra pittura e collage a base di legno, con la presenza di corde, denti, catrame e ferri vari. E va detto che un certo pubblico femminista riconosce in lei la vera artista, mentre la sua attività espositiva si rafforza.
Nel 2010, al Quirinale, riceve da Giorgio Napolitano il prestigioso Premio del Presidente della Repubblica. Si ammala seriamente nel settembre del 2015 e ci lascia per sempre alla ragguardevole età di 97 anni nella sua amata Torino.