di Ugo Perugini
La Galleria “Carré d’Artistes” in via Cuneo 5 (corso Vercelli, angolo via Marghera) è un piccolo, grande negozio, primo in Italia di una catena già affermata in Europa, che svolge un’opera benemerita di promozione dell’arte contemporanea, proponendo lavori di artisti di livello internazionale, con una formula nuova e un prezzo decisamente accessibile a tutti.
Qui, sabato scorso, ho incontrato Carlo Trevisan, pittore che colpisce per la sua capacità di saper condurre chi sa osservare con spirito libero e giocoso i suoi lavori in un mondo di favola, di farlo sognare ad occhi aperti, grazie alla sua pennellata delicata e leggera come il tocco di una bacchetta magica. E qualcosa di fantastico e incantato sembra davvero che aleggi intorno a lui.
Lui stesso pare un personaggio uscito da una favola, un mago forse, benevolo e scherzoso, che abbandonata la palandrana e il cappello a punta, ci rende partecipi dei suoi segreti, senza mai abbandonare il sorriso contagioso. Ed entro con la necessaria delicatezza nel suo mondo di uomo e pittore che ha saputo affrontare la vita, anche nei momenti più duri, imboccando la strada più difficile ma anche più appagante e feconda dell’arte.
Come è nata la sua passione per la pittura?
Per gioco. Io sono fondamentalmente un autodidatta, ho seguito studi scientifici, prima come geometra poi come ingegnere civile, ma mi ha sempre interessato la grafica e il design. Nella pittura ad olio però ho trovato la tecnica più adatta a me.
Cosa rappresenta per lei la pittura?
E’ stata il mezzo che mi ha consentito di uscire da alcuni periodi bui della mia vita giovanile. Prima ricorrevo alla poesia, alla parola scritta. Poi mi sono reso conto che un verso non aveva la stessa efficacia di un’immagine, di una forma, di un colore. Grazie alla pittura sono riuscito a cominciare un cammino per ritrovare me stesso, liberarmi dalle mie angosce e, alla fine, confrontarmi senza paura con il mondo.
La pittura, quindi, ha avuto su di lei una funzione liberatoria?
Sì, quando dipingo le ore passano senza che me ne accorga. Mentre pian piano il quadro prende forma e io lavoro tra colori e pennelli sento finalmente di essere in pace con me stesso. E la stessa pace la ritrovo non appena il quadro è concluso osservando l’opera. E, lo confesso, vorrei che quel senso di pace raggiungesse chiunque abbia la voglia di mettersi a guardare le mie opere.
Possiamo dire che i suoi lavori si prestano a qualche interpretazione psicoanalitica?
Certamente, a me piacerebbe aiutare le persone a far emergere il loro mondo interiore, le loro fantasie, i loro sogni, il lato più poetico e creativo del loro carattere. Ho iniziato a proporre i miei lavori ad alcuni amici e mi sono accorto che questo effetto veniva raggiunto. Quindi, sono stato incoraggiato a proporre anche ad altri le mie opere con un successo che nemmeno io mi sarei aspettato.
Quali sono le simbologie a cui più frequentemente ricorre?
Gli alberi, ad esempio (e l’opera su cui sta lavorando nel momento in cui lo intervisto è proprio un albero) che simboleggia un po’ la vita che scaturisce e fiorisce dalla terra e le nuvole, nuvole bianche in un cielo azzurro che rappresentano la leggerezza, l’infinito, l’eternità, la pace.
C’è un palese richiamo alle opere di Magritte nei suoi quadri…
Sì, Magritte è tra i pittori che amo di più. Mi rendo conto che la mia opera si richiama ad autori ormai lontani nel tempo ma credo che le emozioni che hanno suscitato i loro lavori siano ancora vive e in grado di stimolarci positivamente anche oggi. Credo che tutti noi conserviamo nel nostro immaginario l’immagine di qualche quadro di questi grandi artisti, che la nostra fantasia rievoca quando vogliamo ritrovare un po’ di pace, un po’ di poesia.
Sono sincero: apprezzo molto la sua capacità di mettere al centro dell’opera un soggetto (un animale, un oggetto anche banale), isolarlo e trasfigurarlo, dargli un significato “altro”, spesso spiazzante, ma sempre immerso in un’aura ludica e delicata di favola.
Quando decido di dipingere un soggetto voglio che esso diventi il protagonista assoluto della mia opera. Voglio che il carico di senso che porta con sé possa essere valorizzato in pieno attraverso il filtro della mia fantasia, in modo non cerebrale ma immediato, facilmente comprensibile a tutti.
Tra i suoi pittori preferiti, oltre a Magritte, chi c’è?
Senz’altro Chagall che considero uno dei più grandi maestri. Chi non vorrebbe, come in un suo quadro famoso, essere preso per mano e volare in cielo? Nel mio piccolo questo è il messaggio che vorrei inviare alla gente.
E il messaggio di Carlo Trevisan arriva con facilità alle persone. Nel poco tempo in cui sono stato con lui in galleria ha venduto diversi quadri. E tra i suoi estimatori anche i bambini ai quali non sfugge il richiamo favolistico delle atmosfere che sa ricreare.
Lei ha dedicato anche alcune opere a Milano, anche se non ci vive.
Io amo questa città. Ci sono stato spesso da ragazzo con mio padre. Ricordo le passeggiate in centro, la visita alla Rinascente, le scale mobili, i monumenti, i musei, i palazzi. Ma ora, con gli occhi di allora, ho voluto rievocare, trasfigurandoli nel ricordo, certi oggetti meno appariscenti dell’arredo urbano come le fontane (vedovelle) o i tram, immergendoli nella mia personale ottica poetica.
E anche in questo caso c’è riuscito brillantemente. Milano attraverso gli occhi di Carlo Trevisan è decisamente molto più bella!