di U.P.
Nel nostro Paese si assiste a una certa ripresa dell’occupazione, il che è un segnale positivo, Purtroppo, però, negli ultimi anni, dal 2013 al 2016, è diminuita la percentuale di assunzioni nella fascia media, mentre aumenta di poco quella nella fascia alta e invece è più forte l’aumento nella fascia bassa.
Che significa? Vuol dire che il lavoro legato a professioni intellettuali e tecniche è meno richiesto rispetto a quello più dequalificato che si riferisce, ad esempio, agli addetti alle vendite e ai servizi personali. Rispetto all’Unione Europea in Italia le aziende non cercano lavori ad alta qualificazione.
E’ vera dunque quella battuta che circola. Un ingegnere viene chiamato in un’azienda e il capo del personale gli mette in mano una scopa. L’ingegnere lo guarda stupito ed esclama: “Ma guardi che io sono ingegnere”. Il capo del personale, allora, si scusa e dice “Venga di là che le faccio vedere come si usa…”
Ma quali sono le ragioni di fondo per cui le aziende italiane chiedono meno risorse di alto livello? La spiegazione è semplice: prevalgono le piccole medie imprese e gli investimenti in ricerca e sviluppo da parte delle aziende di maggiori dimensioni sono molto scarsi.
Senza dimenticare che il livello di istruzione dei giovani è piuttosto basso (abbiamo un ridotto numero di laureati) e anche le competenze generali dei giovani stando a una recente indagine è molto deludente (siamo ultimi nella lettura e penultimi nella conoscenza della matematica).
Oltretutto, c’è da tenere conto che i tre settori che più avrebbero bisogno di professioni intellettuali e tecniche, cioè pubblica amministrazione, istruzione e sanità, dove è forte la presenza pubblica, non fanno adeguate richieste, anche perché bloccate spesso dalla farraginosa macchina burocratica.
Quindi, c’è ancora molto da fare per qualificare il lavoro in Italia. E non è solo questione di posti di lavoro ma anche, in prospettiva, di sviluppo del nostro Paese.