giovedì, Aprile 18, 2024
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Arturo Toscanini alla Scala con polso di ferro (1888)

Episodi di malcostume, rilevati presso il Teatro alla Scala dalle competenti autorità milanesi, avevano indotto il compositore e librettista Arrigo Boito (1842 – 1918) a tentare di effettuare un’abile mossa guaritrice: trasferire da Torino a Milano quell’abile e decisivo personaggio che si chiamava Arturo Toscanini.

Ma quali operazioni compiere, si chiedeva il delegato Boito, per convincere il grande Arturo ad assumere la carica di direttore d’orchestra alla Scala ? Trasferimento decisamente non facile, tenuto conto delle brillanti direzioni effettuate al Regio di Torino con meritati elogi espressi non solo dagli spettatori, ma anche dalla critica.

Dopo lunghe trattative, Toscanini accettò, ma le cronache del tempo scrissero che furono decisivi due importanti argomenti: ampi poteri decisionali a livello orchestrale e direzionale, nonché la concessione di un lautissimo riconoscimento economico.

E così, nel 1888, Arturo Toscanini prese possesso della prestigiosa carica. Iniziò con l’instaurare l’assoluto rispetto nei riguardi della partitura. I cantanti dovevano studiare con impegno la parte loro assegnata indipendentemente dal fatto che tale parte avrebbe potuto essere giudicata non gradita dal pubblico.

Ma anche gli spettatori in sala furono bacchettati. La puntualità all’entrata era non solo raccomandata, ma addirittura obbligata. Erano assolutamente vietate conversazioni anche se brevi e a questo proposito, per scoraggiarle, venne deciso di eliminare le mezze luci.

Le signore non dovevano prendere posto con cappellini pomposi o alti, salvo levarli non appena sedute. Nessuna concessione alle richieste di “bis”. Questa regola è in vigore ancora oggi. Venne concessa un’unica eccezione nel 1986 per il coro del “Nabucco”, opera diretta da Riccardo Muti.

È proprio per la richiesta rifiutata di un “bis” (siamo nel 1903) della celebre aria “È scherzo o e’ follia” de Il ballo in maschera di Verdi, Toscanini depose la bacchetta per rientrare subito a casa. I maligni dissero che il “bis” rifiutato fu solo un pretesto per incontrare il suo grande amore in partenza da Milano, l’applauditissimo soprano Rosina Storchio.

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