di Ugo Perugini
Certe volte le mostre d’arte nascondono delle storie. Storie belle e commoventi pur nella loro semplicità. In cui la pittura non è più l’unica protagonista e si deve andare alla ricerca di qualcosa di più intimo, di più profondo che sta dietro alle tele e ai colori. Allo Studio 38 di via Canonica, dove espongono fino al 30 giugno Giancarlo Curone e Giovanni Valentini, potrete scoprirlo e, siamo certi che, alla fine, non rimarrete indifferenti.
Le opere dei due pittori già a prima vista testimoniano una affinità, una consonanza di interessi e di stimoli creativi notevoli, pur nella diversa scelta tecnica e formale. Se si ha il tempo di osservare con attenzione ogni opera si potrà cogliere, insieme a una comune passione per l’arte, la stessa voglia continua di sperimentare, il desiderio di entrambi di trascendere la realtà fino a proiettarla nell’infinità di un cosmo reale o immaginario, avvalendosi dei contributi di un astrattismo che persegue la ricerca dell’essenza delle cose.
E questo si spiega con il fatto che Giancarlo e Giovanni erano amici. Si deve usare il passato perché il primo, purtroppo, è venuto a mancare un anno e mezzo fa. E Giovanni ha voluto fortemente questa Mostra per ricordare il suo amico e quel legame leale e sincero che li ha uniti per un’intera esistenza. Avrebbe potuto realizzare una personale, Giovanni, ma non l’ha fatto. Non poteva dimenticare Giancarlo. Nell’esporre le opere di entrambi ha voluto che avessero lo stesso rilievo. L’amicizia sincera rende uguali gli uomini e prevale su qualsiasi sentimento di ambizione.
Nello scambiare due parole con Giovanni Valentini abbiamo colto la statura morale di uomo prima che di artista. Nella sua modestia, ci confessa che le sue opere sono il risultato di oltre cinquant’anni di studi e ricerche, sempre attratto dall’astrofisica, che ha studiato anche attraverso osservazioni dirette del cosmo. Lui non lo fa trapelare ma è stato uno dei primi artisti negli anni Sessanta a cogliere in anticipo le novità del concetto di cyberspazio, cioè le valenze rivoluzionarie della virtualità nel nostro mondo, compreso quello onirico e immaginario. La sua tecnica che si avvale di sofisticate elaborazioni digitali è debitrice di questa scelta pionieristica.
I suoi quadri vanno visti lasciando che l’occhio vaghi nell’oscurità pulsante del cosmo in cui sono immersi, che scopra di volta in volta pianeti o ammassi stellari, comete, luminosità opalescenti, e vi si perda, facendo compiere anche a noi lo stesso percorso di annichilimento nell’infinito. Giancarlo Curone, più legato alla terra, ha visto nel paesaggio che lo circonda quella realtà transeunte che l’amico cerca nel cosmo. Un risultato, alla fine, molto simile seppure con approcci e procedimenti diversi e persino opposti. E’ questo uno dei legami ideali che li ha uniti anche come pittori.
Durante la breve presentazione, la vedova di Giancarlo, ricordando il marito, ha letto una toccante poesia di Ezra Pound, intitolata “Lode di Ysolt”, che egli ogni tanto amava rileggere e che inizia con la frase “Invano ho lottato per indurre il mio cuore a piegarsi”. E’ la disperazione gioiosa, lasciateci passare questo ossimoro, di un artista che si accorge che non può fare a meno di esprimere quel che gli “ditta dentro” il cuore e scrivere, nel caso di Ezra Pound, o dipingere, nel caso di Giovanni e Giancarlo. E anche se Giancarlo non potrà più farlo, ci sarà l’amico a ricordare le sue opere che come per ogni vero artista non moriranno mai.
La Mostra “Quando gli astri colorano la terra” resterà aperta fino al 30 giugno all’Art Studio 38 di via Canonica, 38.