Art Meets Design di Espinasse 31 si è spostata, per proseguire la sua esposizione, anche in uno dei quartieri più importanti e più “in” di Milano: Citylife, via Senofonte 2A. E proprio in alcuni spazi temporanei ritagliati nell’ambito di questi spettacolari edifici, costruiti su progetto della grande Zaha Hadid, sono state collocate alcune delle opere più significative degli scultori legati alla Galleria Espinasse 31.
Perché questa location? Perché l’arte scultorea è in grado di creare un connubio ideale con il design architettonico di quei luoghi. E lo fa anche in modo solo apparentemente stridente proponendo materiali diversi, dal bronzo, all’acciaio, al polistirolo, e messaggi per certi versi contrastanti ma che hanno il pregio di far risaltare il contesto con le sue ampie curve e modanature, supportati ora da figure classiche, ora da enigmatiche maschere, ora da simboli quasi irriverenti.
Dicono bene gli organizzatori: l’effetto è quello che si verifica naturalmente quando si posiziona un’opera d’arte all’interno di una casa!
Brevemente qualche accenno agli artisti. Oscar Estruga, dall’alto dei suoi quasi novant’anni propone l’opera Màscara 3 che risale al 1988. L’influsso delle civiltà passate affiora prepotentemente dall’opera, insieme a richiami ancestrali e mitici: bronzo pesante, invecchiato e strutturato. Eppure, il lavoro in questi interni ariosi ed eleganti non è in contrasto, ma acquista forza, ed è forse il placido conflitto che scaturisce tra epoche così lontane tra loro a far scattare la scintilla.
Poi le maschere di Nella Ryder, artista multiforme (si occupa anche di musica, moda, arti visive) che non dimentica mai l’aspetto emotivo del suo lavoro. Utilizza l’acciaio a spigoli vivi e sembrerebbe difficile far convivere un materiale apparentemente freddo come questo con sentimenti delicati da attribuire a visi di donna. Eppure l’operazione a lei riesce bene. Sono maschere è vero, ma possono rappresentare bene il mondo femminile, ambiguo, inafferrabile ma proprio per questo affascinante.
L’italiana Antonella Mellini usa il polistirolo e lo potenzia con lo smalto ricavandone un effetto che sintetizza le sue opere come in un processo alchemico, caricandole di simbologie che lasciano trasparire l’idea che lei ha della società e del mondo che ci sta intorno. Non facili da decifrare ma egualmente potenti, in equilibrio precario tra il loro aspetto leggero e la matericità vincolante delle basi di marmo, che le ancorano saldamente al suolo.
Form Follows Meaning parte seconda.
Anche in questo caso, c’è qualcosa di unico e forse irripetibile in queste esposizioni. Architettura, arte, design trovano l’occasione per colloquiare, su un tema universale e mai contraddetto, quello della bellezza, dell’equilibrio, del gusto estetico che sa interpretare i riflessi della vita vera, quella che ogni giorno dovremmo vedere riabilitata nei luoghi dove viviamo.