di Ugo Perugini
A Palazzo Reale, fino al 2 giugno prossimo, la mostra del grande maestro siciliano, curatore G.C.F. Villa. Evento realizzato in collaborazione con la Regione Sicilia, Comune di Milano, Palazzo Reale e MondoMostre Skira.
A chiusura del percorso della mostra su Antonello da Messina, non lasciatevi sfuggire un quadro di Jacobello, “Madonna col Bambino” (1480). Jacobello era il figlio di Antonello da Messina, che aveva preso le redini della bottega dopo la morte del padre. Occorre guardarlo bene perché in basso la firma riporta una dedica particolare. Un devoto e semplice riconoscimento della grandezza dell’arte del padre: Jacobello infatti si dichiara con orgoglio filiu non humani pictoris (figlio di un pittore non umano). E qualcosa di divino c’è davvero nell’arte di Antonello da Messina.
Ma andiamo con ordine e ricominciamo dall’inizio. Antonello da Messina, siciliano, è senz’altro un pittore che ha avuto notevole influenza sull’arte lombarda del XV e XVI secolo. Messina era un porto importante all’epoca, crocevia di mercantili che viaggiavano per Napoli, Venezia per arrivare fino a Bruges e a Londra. Antonello era stato probabilmente nelle Fiandre a imparare la tecnica ad olio e ne diventa subito un maestro (qualcuno pensa addirittura che l’abbia inventata lui).
Allievo del Colantonio, Antonello, inoltre, conosceva bene la pittura fiamminga, spagnola e provenzale presente anche nelle collezioni angioine. E, come dice il critico Longhi fu capace di compiere di questi diversi stili una felice “sintesi prospettica di forma e colore”.
Nel 1476, quando a Venezia lavorava sulla Pala di San Cassiano, il cancelliere degli Sforza, Cicco Simonetta, lo invitò a Milano per sostituire Zanetto Bugatto, grande ritrattista, morto da poco. Antonello non poté accettare l’incarico per motivi sconosciuti, ma la richiesta era un chiaro segno che la sua fama era ampiamente riconosciuta anche nella nostra città.
Insomma, Antonello da Messina fu un grande del Rinascimento italiano. Purtroppo, sono poche le sue opere giunte fino a noi, molte sono state distrutte da catastrofi naturali, inondazioni, terremoti, incuria di chi doveva conservarle. La stessa sorte, tragicamente, è stata riservata ai documenti che riguardavano la sua vita e persino alle sue stesse ossa, visto che il cimitero dove erano sepolte fu spazzato via da un’alluvione.
Il contributo fondamentale di Cavalcaselle
Questo spiega perché l’opera e la figura di Antonello venne dimenticata per tre secoli e, se non ci fosse stato un appassionato d’arte e soprattutto della pittura italiana dal II secolo fino al Cinquecento, come Giovan Battista Cavalcaselle, nato a Legnago nel 1819, oggi ne sapremo ancora meno.
Il “barbuto” Cavalcaselle era un patriota, una “testa calda”, un mazziniano che partecipò ai moti insurrezionali del 1848, rischiando di essere fucilato, ma anche un sensibilissimo critico, ricercatore, disegnatore egli stesso e abilissimo a smascherare copie o imitazioni.
Nella mostra è proprio il Cavalcaselle che ci fa da guida, visto che sono suoi 19 disegni, di cui 7 taccuini e 12 fogli, provenienti dalla Biblioteca Marciana di Venezia, che ricostruiscono la storia umana e artistica di Antonello, rivelando anche i suoi trucchi. Ad esempio, sembra che la bozza che ha dato origine al famoso Ritratto di Ignoto Marinaio sia stata realizzata su metà pagina, piegata in modo da ottenere l’altra parte della faccia per ricalco.
Cavalcaselle analizza con attenzione spasmodica tutte le opere di Antonello, valuta la sua capacità di cogliere l’intima essenza delle persone che ritrae, l’individuazione del carattere e dei particolari fisici, senza dimenticare i dettagli, simbolici e non, che corredano l’opera: libri, pianticelle, stoviglie, ecc.
Di opere di Antonello da Messina se ne contano solo 35 e nella Mostra a Palazzo Reale ne sono esposte 19, tra cui i capolavori più celebri, a cominciare dall’Annunciata (1475), icona e sintesi della sua arte, Ritratto di Uomo (1465-76) noto come “Ignoto marinaio”, San Girolamo nello studio, il Trittico Madonna con il bambino, San Giovanni Battista e San Benedetto, l’Ecce homo (Cristo alla colonna) e numerosi ritratti, anche di piccole dimensioni, quasi fototessere dell’epoca.
Molte di queste opere sono prestiti che arrivano da varie istituzioni italiane e straniere, dopo lunghe trattative paragonabili a vere e proprie pratiche di estradizione: Palazzo Abatellis, Fondazione Mandralisca, National Gallery di Londra, Museo di Sibiu in Romania, National Gallery di Washington, Collegio Alberoni di Piacenza, Galleria Borghese, Museo Correr, e altri.
La Mostra è suddivisa in 12 sale, con una sala introduttiva che descrive la vita di Antonello da Messina, recuperata dalle ricerche effettuate dal Cavalcaselle. Le opere sono realizzate su legno di vario tipo: noce, tiglio, pioppo, pero, rovere, compensato o trasferite su tela. Una è doppia, nel recto riporta Cristo in pietà e nel verso Madonna col bambino e Santo francescano in adorazione.
Due capolavori su tutti
Non possiamo a questo punto non dire qualcosa di più delle due opere fondamentali di Antonello da Messina. La prima è l’Annunciata. La Vergine è di fronte a noi. Non si vede l’Angelo che sta per comunicarle (o lo ha appena fatto) la prossima maternità divina. La voce dell’Angelo è probabilmente dentro di Lei, è un’intuizione e il suo sguardo, è quello perso, profondamente turbato, di chi fa una riflessione introspettiva, conscia dell’incredibile responsabilità in cui è stata coinvolta.
La mano sinistra, quasi inconsciamente, protegge il proprio seno dalla vista, un moto di pudore inconscio, decisamente femminile, ma allo stesso tempo di difesa di quello che miracolosamente sta avvenendo dentro di Lei. L’altra mano, sembra tremare nell’aria, quasi a trattenere l’immagine dell’angelo che solo Lei percepisce.
L’altra opera è “Il ritratto del marinaio” che, secondo Vittorio Sgarbi e stando alle intenzioni dell’ex Governatore della Sicilia Crocetta, avrebbe dovuto diventare l’opera simbolo della sicilianità, grazie al suo sorriso, come la Gioconda. Quello di Monna Lisa enigmatico, quello del marinaio decisamente più beffardo e ironico. Quel sorriso, tipico del furbo, su una faccia da schiaffi – che Sgarbi non esita a definire “da stronzo” – può anche nascondere intenzioni maligne, tanto è vero che lo stesso critico lo volle nella sua mostra del 2015 “Il fascino del Male” a Stupinigi.
Ma non basta. Ci sono altri particolari che lo rendono inquietante. Il quadro sarebbe stato rovinato da quindici graffi, forse una donna che non poteva soffrire una faccia così sfrontata. Matteo Collura, che si ispirò all’autore Gianluigi Colin, vide persino nelle pieghe dell’abito che l’uomo indossa, un’allusione ad altri più intimi recessi femminili. Cosicché il suo sorriso sarebbe un risolino malizioso nel presagire qualche proibito piacere.
Quando Vincenzo Consolo scrisse “Il sorriso dell’ignoto marinaio” con il quale vinse il premio Strega non sapeva che quel sorriso indecifrabile, che lui definisce “ironico, pungente e nello stesso tempo amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sa del presente e intuisce del futuro, di uno che si difende dal dolore della conoscenza e da un moto continuo di pietà”, non era affatto di un marinaio, ma di un raffinato vescovo, Francesco Vitale, dipinto da Antonello sul portello di uno stipo. Questo non glielo perdonò mai Roberto Longhi che disse: “Non discuto il valore letterario , però questa storia del ritratto di Antonello che rappresenta un marinaio deve finire!”.
Da questi due assaggi, si capisce che le opere di Antonello sono ancora oggi capaci di farci riflettere, discutere, persino litigare, oltre a suscitare attenzione e stupore quando ci troviamo davanti a capolavori tanto ricchi di sollecitazioni. Ma occorre sempre porsi di fronte a opere d’arte di questo spessore, in modo aperto e disponibile (non solo di sudditanza) per scoprire gli effetti che tale esperienza suscita dentro di noi. E’ così che l’arte diventa un arricchimento culturale, non solo sovrastrutturale ma legato al nostro modo di essere e di vedere la realtà.
Skira ha pubblicato il catalogo della Mostra di tutte le opere di Antonello da Messina, con saggi del curatore Giovanni Carlo Federico Villa, Renzo Villa, Gioacchino Barbera, corredato da cinque testi letterari di scrittori. La Mostra resterà aperta con i seguenti orari: lun. 14,30-19,30 (dalle 9,00 alle 14,30 riservato alle scuole); mar., mer., ven, dom. 9,30-19,30; gio. e sab. : 9,30-22,30. Costo biglietti: intero 14,00 euro. Per ulteriori informazioni: mondomostreskira-gruppi.vivaticket.it