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Angelina Damiani, scrittrice e sensibile poetessa

Nasce nel 1879 a Palermo dall’architetto Giuseppe (che erige nella stessa città il Teatro Politeama) e da Eleonora Mancinelli, poetessa e e figlia del pittore napoletano Giuseppe. L’ambiente familiare e’ ricco di stimoli artistici particolarmente intensi e la piccola Angelina ne assorbe i più importanti significati. Studia con particolare impegno durante il liceo ed e’ rallegrata dai frequenti intrattenimenti artistico-culturali promossi dal padre.

Appena diciannovenne si sposa con Domenico Lanza, laureato in legge e Conservatore dell’Orto Botanico di Palermo, ma questa unione, sebbene allietata da ben cinque figli, e’ spesso causa di incomprensioni per la differente impostazione culturale e religiosa (il marito difenderà sempre la propria formazione positivista).

Nel 1912, Angelina Damiani Lanza si fa conoscere nel mondo letterario grazie ai delicati versi contenuti ne “La fonte di Mnemosine”, apprezzati, tra gli altri, anche da Ada Negri. Possiede pure una prosa assai agile e scorrevole, tanto che il Corriere di Sicilia e la rivista Vita Femminile desiderano la sua collaborazione.

Conosce l’abate Antonio Rosmini e i rosminiani padre Balsari e padre Bozzetti che la introdurranno nell’istituto della Carità. Da qui inizieranno le sue esperienze di carattere mistico, rafforzate dalle innumerevoli preghiere dopo la morte delle figliole Antonietta e Maria Filippina. Quando inizia a tenere il suo “Diario spirituale” si fa Terziaria Francescana.

Pubblica su Charitas, in forma anonima, “La completa offerta di se’ a Dio” e nel 1941 appare nelle librerie il suo capolavoro: “La Casa sulla montagna”, relativo a diverse cronache dei contadini delle Madonie nonché ad alcune vicende familiari. Nel 1932 scrive il “Testamento spirituale” e qui spiega come le letture di Sant’Agostino e di Rosmini abbiano contribuito ad avvicinarla con molta convinzione a Cristo.

Lei esorta i figli a vivere nella comprensione, malgrado accennasse che il marito dissentisse da lei per le manifestate convinzioni religiose. E questa acuta dissonanza con Domenico Lanza, come scrive, costituirà il più grande dolore della sua vita.

Nel 1932 fa pervenire all’amica Silvia Reitano il suo “Testamento letterario”, affidando alla stessa il compito di riordinare i propri manoscritti dopo la sua dipartita. Alcuni suoi quaderni verranno spediti ai Padri rosminiani con preghiera di pubblicare quelle parti che riterranno necessarie. Affetta purtroppo da tubercolosi, si spegne a Gibilmanna, un rione di Cefalù, nel luglio del 1936.

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