di Carlo Radollovich
El brumista
Era un impeccabile conducente, rispettato da tutti, che sedeva cassetta di una carrozza e che si dichiarava disponibile per l’effettuazione di un servizio pubblico. Da dove derivava tale nome ? Secondo alcune interpretazioni, si trattava di una storpiatura del cognome inglese “Brougham”, un inglese che per primo lanciò la moda della vettura pubblica di piazza.
Un preciso regolamento, applicato poco dopo l’Unità d’Italia, imponeva al brumista di vestire abiti di panno prevalentemente scuro e di calzare un cappello a cilindro che avrebbe conferito al conducente non soltanto un segno d’eleganza, ma anche un mezzo protettivo contro i freddi invernali. Il servizio veniva originariamente pagato a tempo. Solo a partire dal 1876 fu introdotta la tariffa a chilometraggio.
El cavallant
Godeva di una considerazione decisamente al di sotto del brumista. Il suo compito consisteva nell’indirizzare i cavalli lungo i Navigli, badando che il trascinamento dei ben noti barconi in legno avvenisse in modo perfetto, senza toccare le rive. Su tali barconi venivano trasportate merci, ma anche persone. Una curiosità: era abbastanza usuale, per intrattenere al meglio i trasportati, organizzare a bordo varie forme di “spettacolo”. Infatti, si esibivano artisti di strada, non certo di primo livello, ma comunque apprezzati, e anche applauditissimi cantastorie.
El navascée
Mestiere giudicato tutt’altro che nobile, consisteva nello svuotare i pozzi neri prima che in Milano venissero create le fognature. Non appena raccolti i liquami, l’incaricato si premurava di trasportarli presso un acquirente il quale, effettuati gli opportuni controlli, accertava la “bontà” del prodotto e proponeva la quotazione che di solito veniva accettata. Dopodiché i liquami venivano raccolti in ampie vasche per poi essere impiegati nella concimazione dei campi.
El prestiné
Il nome di questo mestiere era stato da tempo italianizzato in “prestinaio”. Di norma si trattava di un vero e proprio produttore di pane oppure di un semplice rivenditore che, caricate le ceste su un apposito calesse, distribuiva alla clientela le varie forme di pane, tra cui le ben conosciute michette e i cosiddetti cremonesi. L’attività del primo era per contro molto più faticosa: svegliato all’alba, provvedeva ad impastare e susseguentemente a mettere il tutto in forno. Curiosa segnalazione: alcuni clienti portavano al panettiere la propria farina con l’intesa che sarebbe stato loto fornito un corrispettivo quantitativo di pane cotto.
Offelée
Si trattava e si tratta tuttora del pasticcere, il cui mestiere è considerato da molti milanesi autentica espressione di una vera e propria arte. La parola “offelée” è molto conosciuta nella nostra città perché affiora in un singolare proverbio: ” Offelée fa el to mestée”, con il quale si desidera sottolineare che ognuno di noi deve occuparsi soltanto delle cose che gli competono.