di Carlo Radollovich
Una signora cinese, vissuta per oltre quattro decenni a Milano, muore all’età di ottanta anni a Crescenzago.
Una delle figlie, sicuramente memore dell’attaccamento alla via Paolo Sarpi da parte della madre, decide di ricordare la triste ricorrenza con un annuncio a pagamento sul Corriere della Sera.
In effetti, la minuta signora Nenè, come veniva spesso chiamata, non aveva mai voluto lasciare l’Italia per ritornare al suo Paese d’origine. Affermava che non se la sarebbe mai sentita di abbandonare figlie, nipoti e familiari perché troppo legata alla nostra città e soprattutto innamorata dei lavori che qui svolgeva, dapprima come responsabile in un negozio di pelletteria e successivamente come titolare di un ristorante.
Erano celebri (ma si possono gustare anche oggi grazie alle figlie) i suoi squisiti ravioli, confezionati rigorosamente a mano. Alla nonnina dagli occhi a mandorla giungevano complimenti da parte di una clientela assai raffinata, complimenti che incoraggiano ora i familiari a continuare nello stesso lavoro con immutato entusiasmo. Di certo, si continuerà anche per il futuro a cucinare prelibatezze di ispirazione cinese.
Vi è poi una curiosità da sottolineare: la lingua cinese è stata quasi dimenticata e, per contro, l’italiano riesce ottimamente ad imporsi. E anche la religione, pur restando prevalentemente buddista, coinvolge molti componenti della famiglia nel nome di Cristo e addirittura si assiste ad una particolare devozione per alcuni nostri santi.
Insomma, l’esempio di Nené è in grado di tracciare una ben precisa strada nell’ambito di quella auspicata integrazione che, a livello generale, stenta a decollare in Italia.