L’immagine del Moro si delinea, a livello ufficiale, in alcune allegorie di stampo allegorico. Ad esempio, si sprecano, gli addobbi trionfalistici, le rappresentazioni teatrali, addirittura i trofei gastronomici sulle tavole imbandite, le corazze e gli scudi da torneo. Ma al tempo stesso viene manifestato un secondo significato del sostantivo “moro” e cioè “morone”, ossia quel frutto di gelso che sta alla base della produzione serica nonché il fogliame che riguarda strettamente l’alimentazione del baco e che gli darà forza nel costruire l’agognato bozzolo.
Va comunque osservato che Ludovico, ancor prima di ricevere gli osanna per l’investitura al ducato milanese, verrà chiamato Uomo della Provvidenza, non solo come protettore delle arti, ma anche come “giudice” delle sorti italiane. Figurerà anche all’altezza della sua nobile figura, sempre disponibile a concedere udienze, mai collerico nel far valere le proprie ragioni, da tutti chiamato come “edificatore della pace aurea” e della pubblica sicurezza.
Ma ecco il contenuto di una lettera che lo storico Trotti, dopo la pace di Bagnolo del 1484, intervenuta tra la Repubblica di Venezia e il duca di Ferrara Ercole d’Este, aveva fatto pervenire allo stesso Ercole, impegnato nella trattativa di nozze Beatrice d’Este / Ludovico. Si tratta di una lettera in gran parte cifrata, ma leggibile presso l’Archivio di Modena.
Ludovico il Moro viene definito “uomo che non vuole bene a persona se non per paura o per bisogno”. Inoltre, afferma che è “mendace, vendicativo, avarissimo, avido per quanto riguarda le cose altrui”. Chiude affermando che è “ambizioso e non dice mai bene di nessuno”… E’ certo che, qualora prestassimo fede alle parole del Trotti, la situazione morale e caratteriale di Ludovico il Moro non lascerebbe nulla di positivo alla buona credibilità dei posteri.