Bayer ha annunciato nei giorni scorsi che l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha ammesso…
…alla rimborsabilità vericiguat, un nuovo farmaco per il trattamento dell’insufficienza cardiaca sintomatica cronica, in pazienti adulti con ridotta frazione di eiezione, stabilizzati dopo un recente evento di riacutizzazione, che abbia richiesto una terapia per via endovenosa. Vericiguat ha ricevuto l’approvazione da parte dell’Autorità regolatoria statunitense (FDA – Food and Drug Administration.) nel Gennaio 2021, ed europea (EMA Agenzia Europea per i medicinali) nel Luglio 2021.
Vericiguat presenta un meccanismo d’azione distinto ed innovativo rispetto a quello delle altre terapie indicate per l’insufficienza cardiaca; vericiguat migliora la funzionalità miocardica e vascolare, inducendo vasodilatazione, aumento della natriuresi (eliminazione del sodio per via renale) e riduzione del rimodellamento e fibrosi miocardica. L’insufficienza cardiaca è causata dall’incapacità del cuore di assolvere alla sua normale funzione contrattile di pompa che garantisce l’apporto fisiologico di sangue a tutti i tessuti ed organi. L’insufficienza cardiaca ha diverse cause riconosciute: può insorgere nella maggior parte dei casi come conseguenza di un infarto del miocardio, dell’ipertensione arteriosa, come anche delle disfunzioni valvolari. I sintomi dell’insufficienza cardiaca sono insidiosi e compromettono notevolmente la qualità di vita dei pazienti, tra questi: la mancanza di respiro (dispnea), stanchezza/affaticamento, ritenzione di liquidi con gonfiore alle gambe e/o all’addome e, soprattutto, la ridotta capacità di compiere attività fisiche.
In Italia sono circa 600.000 i pazienti affetti da insufficienza cardiaca; si stima che la prevalenza di questa malattia raddoppi ad ogni decade di età (dopo i 65 anni arriva al 10% circa)con una previsione di crescitamedia del 2,3% nei prossimi 10 anni. Si stima che nel corso della vita 1 persona su 5 svilupperà una forma di insufficienza cardiaca e che, nonostante i progressi di trattamento, questa patologia abbia una prognosi di sopravvivenza paragonabile o peggiore a quella descritta per le neoplasie più aggressive. Infatti, ad un anno dalla diagnosi per insufficienza cardiaca, la mortalità si aggira intorno al 30%. “I pazienti affetti da insufficienza cardiaca hanno un elevato rischio di peggioramento della patologia, caratterizzata da una intensificazione rapida o graduale dei segni e sintomi che portano il paziente a ricorrere a cure come la somministrazione di diuretici per via endovenosa in emergenza/ambulatorio, o anche il ricovero in ospedale” afferma il dottor Fabrizio Oliva, Presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e Direttore S.C. Cardiologia 1 Emodinamica dell’Ospedale Niguarda di Milano.
L’insufficienza cardiaca è la principale causa di ospedalizzazione al mondo, considerando che, in seguito ad un evento di peggioramento, il 56% dei pazienti viene riammesso in ospedale ad un mese dall’evento stesso. Il peggioramento dell’insufficienza cardiaca, oltre a generare un impatto estremamente negativo sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, ha anche un notevole onere economico. Secondo i dati del Report PNE 2022, “nel 2021 sono stati registrati circa 127 mila ricoveri per pazienti con insufficienza cardiaca. – continua il Dottor Oliva – Considerando, poi, che il tasso medio di degenza per ricoveri ordinari è pari a 8-10 giorni, il costo di ciascun ricovero è di circa 11 mila euro. L’insufficienza cardiaca copre circa il 2% della spesa complessiva del SSN, l’85% di questa è assorbito dai ricoveri per peggioramento dell’insufficienza cardiaca”. “Negli ultimi anni, le Linee Guida hanno cambiato radicalmente l’approccio al paziente con insufficienza cardiaca. – aggiunge il Dottor Oliva – A partire da un approccio graduale, che prevedeva l’aggiunta un farmaco dopo l’altro, le nuove indicazioni degli esperti sono quelle di prescrivere da subito tutte le classi farmacologiche disponibili, modulandone i dosaggi. In questo modo si è visto un miglioramento della storia clinica di chi soffre di insufficienza cardiaca. Tuttavia, nonostante l’utilizzo di queste terapie ottimizzate, il paziente si aggrava e va comunque incontro ad un peggioramento dei segni e dei sintomi che lo inducono a ricorrere a cure mediche urgenti, che possono portare anche ad un ricovero”.
“Nel complesso – continua il Professor Maurizio Volterrani, Presidente Nazionale di Italian Heart Failure Association (ITAHFA), Professore Ordinario di Metodiche e Didattica delle Attività Motorie dell’Università Telematica San Raffaele di Roma e Direttore del Dipartimento di Scienze Cardiologiche e Respiratorie, IRCCS San Raffaele di Roma, il trattamento adeguato del peggioramento dell’insufficienza cardiaca rappresenta un importante bisogno clinico insoddisfatto. Infatti, quei pazienti che, pur trattati al meglio delle terapie mediche disponibili, manifestano un peggioramento clinico della malattia, necessitano di ulteriori trattamenti efficaci e ben tollerati per rallentarne la progressione, ridurre la mortalità o il numero di ricoveri. L’obiettivo fondamentale della terapia è la prevenzione di episodi di peggioramento, ritardarli il più possibile, anche se si sta seguendo quella che, secondo noi, è la terapia migliore”.
“Per aiutarci – spiega il Professor Volterrani – è entrato nella pratica clinica vericiguat, che agisce in modo incisivo su questi pazienti, cioè quelli che sono già trattati secondo gli standard raccomandati dalle Linee Guida, ma che vanno incontro a un nuovo peggioramento. Introducendo anche questo nuovo farmaco in associazione alla ‘terapia quadruplice’, si è visto che si riesce a ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni in maniera significativa. Inoltre, si registra un miglioramento della qualità di vita, che per il paziente con insufficienza cardiaca rappresenta la cosa più importante. Semplificando – conclude Volterrani – possiamo dire che è come se mettessimo “carburante nel cuore”, in quanto questo farmaco interviene ad aumentare l’energia che può migliorare la contrazione del cuore stesso e, nello stesso tempo, a migliorare la capacità dei vasi di ricevere il sangue”.
La sicurezza e l’efficacia di vericiguat sono state valutate nello Studio registrativo VICTORIA, trial multicentrico, randomizzato, in doppio cieco, a gruppi paralleli, controllato con placebo, che ha confrontato vericiguat e placebo in 5.050 pazienti adulti con insufficienza cardiaca sintomatica cronica e frazione di eiezione ventricolare sinistra inferiore al 45%, in seguito ad un evento di riacutizzazione (peggioramento).
I pazienti sono stati trattati fino alla dose target di mantenimento di vericiguat di 10 mg, una volta al giorno o con placebo, in associazione alle terapie standard per l’insufficienza cardiaca.
“Vericiguat si è dimostrato superiore al placebo nel ridurre il rischio di morte cardiovascolare o ospedalizzazione per insufficienza cardiaca sulla base di un’analisi time to event – dichiara il Professor Pasquale Perrone Filardi, Presidente SIC, Società Italiana di Cardiologia – Nel corso dello studio la riduzione del rischio assoluto annualizzata con vericiguat,, rispetto al placeo, è stata del 4,2%, che si traduce in un Number Needed to Treat di 24. Questo significa che in un anno, statisticamente, si può prevenire un decesso cardiovascolare o un ricovero ospedaliero per insufficienza cardiaca per ogni 24 pazienti che assumono vericiguat”. “Vericiguat ha ridotto il rischio relativo dell’endpoint primario combinato di morte cardiovascolare o di primo ricovero del 10% rispetto al placebo” – continua il Professor Filardi. Nello Studio VICTORIA, vericiguat è stato ben tollerato, indipendentemente dalle comorbilità o dalla terapia di base. Circa il 95% dei pazienti ha proseguito la terapia per tutta la durata dello studio. Il tasso di interruzione del trattamento con vericiguat è stato del 6,8% rispetto al 6,1% del placebo.
“Con l’introduzione nel nostro Paese di vericiguat, siamo lieti di poter mettere a disposizione dei professionisti della salute e dei loro pazienti una nuova soluzione terapeutica in grado di portare un importante cambiamento nella gestione di una patologia così insidiosa come l’insufficienza cardiaca – dichiara Arianna Gregis, Country Division Head Pharmaceuticals di Bayer Italia – Questo traguardo ci rende particolarmente orgogliosi, perché dimostra come i continui sforzi attraverso la ricerca di soluzioni innovative, che colmino gli unmet need di alcune patologie, possano costituire un concreto aiuto per rispondere alle necessità dei pazienti”.
“Bayer – continua Arianna Gregis – ha una profonda conoscenza dell’area cardiovascolare ed è ben consapevole delle sfide che le persone che soffrono di queste patologie affrontano ogni giorno. Da molti anni l’azienda fornisce soluzioni che hanno contribuito e contribuiscono a trasformare il panorama dei trattamenti, migliorando la vita dei pazienti stessi”. “Per questo, siamo convinti – conclude la Gregis – che sia necessario proseguire in questo costante percorso di innovazione su diversi fronti: scientifico, organizzativo, terapeutico e tecnologico, per continuare a migliorare gli standard terapeutici. Per Bayer innovare significa creare uno scambio continuo tra l’industria, l’università, la clinica e i pazienti, perché è fondamentale condividere esperienze e competenze per raggiungere e sviluppare ciò che è meglio per questi ultimi. Si tratta di una filosofia di supporto alla persona e di impegno per la salute della collettività, che non può prescindere dai rapporti con la società”.