Maria Giovanni Pedrassi oppure, più semplicemente, Gianna Preda, come viene ribattezzata dallo scrittore/editore Leo Longanesi, nasce in provincia di Rimini nel 1921 e cresce tra le pareti domestiche con un nonno anarchico e un padre assai attratto dal fascismo.
Nel periodo del Ventennio, lei ama soprattutto leggere, scolpire, disegnare e ascoltare musica. Si sposa con un gerarca che aderisce alla Repubblica sociale e accetta, nel suo intimo, di trovarsi emarginata. Afferma che le sue vere convinzioni politiche di destra si sarebbero concretizzate molto più avanti nel tempo, precisamente quando decide di abbracciare le idee di Giorgio Almirante.
Non si trova mai al centro di certi salotti culturali come avviene, negli anni Sessanta, per Camilla Cederna e nemmeno diventa l’icona delle giovani giornaliste italiane. Tuttavia, lei può sempre contare su un pubblico di autentici aficionados anche se, in questo piacevole contesto, le piace assumere un ruolo decisamente marginale.
Scrive dapprima per il Resto del Carlino, poi per Cronache e anche per Epoca finché, nel 1954, viene chiamata al Borghese da Leo Longanesi, del quale diventa presto vicedirettore. Spesso appare ruvida nei suoi contatti con i lettori, a volte un tantino “bravaccia”, ma questi l’adorano e non avrebbero mai perso uno dei suoi commenti nella rubrica “Lettere”.
Se lei vivesse a Washington, la sua figura verrebbe subito paragonata a quella di Elsa Maxwell. Ed ecco che le sua penna, tanto affilata quanto mordace, riesce a “graffiare” importanti personaggi come Amintore Fanfani e il ministro Sullo. Le sue “attenzioni” giornalistiche non risparmiano neppure Enrico Berlinguer e Giulio Andreotti.
Tutto ciò perché Gianna Preda, definita spesso “fascista” ed emarginata, non viene mai considerata una pericolosa concorrente a livello giornalistico. Il suo fisico non è affatto attraente, tanto che Antonio Ghirelli, giornalista e portavoce di Sandro Pertini al Quirinale, scrive che Gianna ha poca femminilità e manifesta tutto il suo stupore quando viene a sapere che Mario Tedeschi, successore di Leo Longanesi alla direzione del Borghese, si è innamorato di lei.
Ma quando Ghirelli ha la fortuna di conoscerla di persona, fa subito marcia indietro e scrive tra l’altro: “Tutta la bellezza e la femminilità che il padreterno le ha negato, Gianna la custodisce dentro di sé. Una donna tenera (…) che nasconde la sua dolcezza dietro la foga e, talora, la volgarità della scrittura.”
Lei, sempre e assolutamente autonoma nei propri giudizi, è capace di rompere l’amicizia con Almirante perché è contrario al divorzio e addirittura combatte contro l’Msi degli anni Settanta perché favorevole alla pena di morte, che considera un’idiozia.
Conclude la sua esistenza (agosto 1981) facendo autocritica. Dice in sostanza che avrebbe dovuto capire di più tutti coloro che non la pensavano come lei. E in ogni caso si dichiara dispiaciuta per aver fatto in vita sua troppa politica, fattore che le ha impedito di poter parlare di aspetti decisamente più profondi.