di Carlo Radollovich
Verso fine Settecento inizio Ottocento, alcune rappresentazioni eseguite alla Scala facevano rimpiangere certi teatrini di provincia, non certo per mancanza di preparazione musicale da parte degli artisti, ma per colpa di incredibili comportamenti da parte del pubblico.
Infatti, parlare di una certa disinvoltura dimostrata da coloro che sedevano a teatro, è soltanto un imbarazzante eufemismo. Per fortuna, certi exploit negativi si manifestavano soltanto durante le settimane in cui impazzava il Carnevale.
Si osservava gente che mangiava risotto portato da casa, chi beveva direttamente dalla bottiglia, chi conversava a toni piuttosto alti e chi entrava o usciva dal teatro come oggi si usa fare in una sala qualunque.
In quei giorni, il nostro teatro più signorile apriva le porte non soltanto a coloro che intendevano godersi romanze o artistici gorgheggi, ma anche ai partecipanti di sguaiati veglioni che spesso si integravano con lo spettacolo musicale.
Esisteva insomma una pesante atmosfera di promiscuità e non era raro, sempre in circostanze carnevalesche, che le persone ben educate, ma disgustate da certi eccessi, lasciassero improvvisamente la sala.
La nobildonna Margherita Sparapani Gentili (1735 – 1820) appassionata di musica e di letteratura, si lagnò in modo del tutto evidente, nel 1794, non certo per le caratteristiche musicali messe in mostra dai cantanti, ma per quanto si “odorava” alla Scala.
Scrisse: “Si respirava una puzza di mangiare davvero orribile (…). Alcuni portavano l’intera cena dalle loro case, altri bevevano il caffè in sala (…) Si va all’opera e non si esce finché non termina il veglione”.
Da notare inoltre che certi critici di allora, alle dipendenze delle varie “Gazzette” cittadine, avrebbero dovuto prendere appunti su quanto di operistico veniva messo in scena. Ma anche loro si lasciavano spesso trascinare dal pubblico, coinvolti in una sorta di tifo che avrebbe potuto esplodere soltanto all’Arena napoleonica.
A questo proposito, concludiamo con una annotazione di Beniamino Gutierrez, autore del libro “Piazza della Scala nella vita e nella storia”. Scriveva: “La funzione del critico musicale si riduce spesso alla mortificante enumerazione degli applausi e delle chiamate dei cantanti al proscenio (…) E tale critico, non soltanto il cronista fedele degli avvenimenti lirici del teatro, dovrebbe pure essere educatore del grande pubblico alla più elevata comprensione”.