di U.P.
Continuiamo ad ospitare i contributi preziosissimi dell’Ing. Francesco Fascì, esperto dell’Arcobaleno Spurghi. In questo nuovo articolo, si affronterà un tema spesso poco conosciuto che riguarda un altro materiale, molto utilizzato, e che può creare problemi alla salute. Si tratta delle Fibre Artificiali Vetrose (nell’articolo le definiremo FAV). Cerchiamo di capire cosa sono, le loro caratteristiche e i potenziali rischi sulla salute.
Nel termine “FAV”( Fibre Artificiali Vetrose) facciamo ormai usualmente rientrare una tipologia di materiali che compongono prodotti di larghissimo e consolidato uso, sia nel campo delle costruzioni per civili abitazioni che in quello “industriale/produttivo”. Questi prodotti sono ancora oggi liberamente “lavorabili” e commerciabili, nonostante ne sia stata accertata, per alcune di essi, la natura cancerogena.
Come nel caso dell’amianto, anche le “FAV” sono molto utili per l’isolamento termico e acustico, con importanti risparmi energetici. Ecco perché hanno un notevole “successo commerciale”.
Dai “tappetini” posati ad esempio, nei sottotetti e/o nelle controsoffittature, per migliorarne l’isolamento termoacustico, ai componenti dei pacchetti di rivestimento delle condutture dei canali aeraulici, dai pannelli divisori per pareti perimetrali fino ad arrivare al riempimento delle centrali termiche di vecchia concezione.
Le FAV presentano una struttura costitutiva normalmente amorfa (o vetrosa), a differenza delle fibre minerali naturali: ciò implica che la loro sfaldatura, tende a far sì che le fibre che le costituiscono si spezzino trasversalmente, creandone altre sempre più corte ma senza che vi sia una riduzione del diametro. La normativa invita a porre particolare attenzione a due aspetti fondamentali:
- la concentrazione degli ossidi alcalini e/o alcalino-terrosi tra gli elementi delle fibre;
- il cosiddetto “diametro nominale” (espresso in “μm”: si ricorda che il micrometro
è un’unità di misura della lunghezza corrispondente a un milionesimo di metro, cioè un millesimo di millimetro).
I potenziali rischi per la salute
La natura costitutiva delle “FAV”, implica purtroppo la capacità delle fibre di penetrare nell’organismo per inalazione, viaggiando all’interno delle vie respiratorie raggiungendo anche le diramazioni terminali più lontane.
La probabilità che un determinato tipo di fibra possa indurre effetti patogeni sull’organismo umano dipende da una serie di fattori (forma, dimensioni, composizione chimica e mineralogica, reattività, biopersistenza connessa alle caratteristiche chimico-fisiche). Una volta arrivate all’interno delle vie respiratorie, per la “risposta” dell’organismo alla loro presenza risultano cruciali due aspetti:
- l’efficienza dei meccanismi intrinseci di difesa della persona;
- le caratteristiche chimico fisiche e tossicologiche in ragione della diversa composizione chimica delle FAV, che ne condiziona sostanzialmente le possibilità di rimozione, allontanamento o dissoluzione.
Studi epidemiologici hanno, purtroppo, evidenziato che più a lungo una fibra persiste nel tratto respiratorio, tanto maggiore è la probabilità che essa determini effetti nocivi sul medio-lungo periodo.
Una volta depositatesi in un qualunque tratto delle vie respiratorie, le FAV risultano in grado di attivare processi infiammatori, che possono determinare anche alterazioni nei polmoni, favorendo meccanismi di cancerogenesi.
Oltretutto, diversi studi hanno valutato anche la “genotossicità” di alcuni tipi di “FAV”. Anche in questo caso, le conclusioni sembrano dimostrare l’esistenza di una similitudine con i meccanismi correlati all’esposizione alle fibre di amianto.
Come difendersi?
Come sempre, per poterci difendere da un nemico subdolo occorre prima di tutto saperlo riconoscere. Pertanto, il passaggio fondamentale è quello di effettuare specifiche analisi di laboratorio. Qui, si entra in un campo specifico piuttosto complesso, destinato ai tecnici. Per i nostri Lettori ci limitiamo a sottolineare che i criteri di classificazione delle lane minerali o delle fibre vetrose dipende dal contenuto di ossidi alcalini e alcalino terrosi ma soprattutto dal diametro medio delle fibre stesse.
Se viene riscontrata la presenza di FAV di “Classe 2” (cioè cancerogene) le modalità di gestione sono simili a quelle messe in atto per l’amianto. Nel caso di rimozione di FAV “non cancerogene” sono previste delle prescrizioni attenuate sull’uso di idonei strumenti come maschera protettiva usa e getta, guanti, occhiali protettivi, indumenti da lavoro particolari e altri accorgimenti. L’azione di bonifica, prevede una attenta gestione dei cantieri in cui si opera, mettendo in atto tutte le disposizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro previsti dalla legge e del conseguente smaltimento dei rifiuti.
Per quest’ultimo aspetto, cioè la corretta gestione dei rifiuti prodotti in un cantiere in cui è stata effettuata la rimozione di “FAV”, verranno preventivamente attivate le adeguate procedure in funzione della natura delle FAV.
Una volta definita la loro natura, si deve quindi comunque provvedere al loro trasporto e smaltimento, passaggi questi da gestire come previsto dalla vigente normativa di settore, pertanto tutti i passaggi debbono avvenire sempre con assicurata la “tracciabilità” del rifiuto.
Si ricorda, infine, che del rispetto degli adempimenti connessi alla corretta gestione delle operazioni di bonifica di materiali contenenti “FAV” è responsabile sempre il Committente dei lavori, anche in questo caso in maniera perfettamente analoga a quanto prescritto in caso di bonifica di prodotti contenenti amianto.