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Venezia tra mito e vita quotidiana. Grande mostra a Novara

Al fascino di Venezia non si resiste. Sempre in bilico tra la sua possibile fine, inghiottita dalle acque, e la sua imprevedibile rinascita. Anche in un periodo storico come quello che va dalla metà dell’Ottocento agli inizi del Novecento, la città, che  la leggenda dice sia stata fondata nel 421, milleseicento anni fa, visse alterne vicende.

Guglielmo Ciardi – Veduta della laguna

Ed è questo il lasso temporale che indaga la Mostra “Il Mito di Venezia” – Da Hayez alla Biennale – che si tiene al Castello Visconteo Sforzesco a Novara fino al 23 marzo 2022. E lo fa attraverso una settantina di opere pittoriche – alcune mai viste e provenienti da collezioni private – di alcuni dei più grandi maestri dell’epoca.

La Mostra è stata promossa da METS Percorsi d’arte, dalla Fondazione Castello e dal Comune di Novara. La curatrice, Elisabetta Chiodini, coadiuvata da un prestigioso Comitato scientifico, non ha voluto solo fare un grande omaggio alla città di Venezia, ma anche coglierne attraverso la pittura, il fascino immortale.

Che strana città, Venezia!

Giacomo Favretto – Il mercato di Campo San Polo a Venezia il giorno del sabato – 1883

Alcune voci, all’inizio dell’Ottocento, la davano per agonizzante, come un “cadavre de ville”, come scriveva Valery, oppure capace di stregare “con le sue deliziose malie” come sosteneva Henry James, colpito dalla strana atmosfera di affabilità, di parentela, di vita di famiglia che costituisce per metà il tono di Venezia”.

Non è facile cogliere le sue mille sfumature. Da una “città molle“, effeminata, decadente a una città “virile“, valorosa, determinata, da una città “stimata” unicamente “per le sue maraviglie artistiche, ad una città che, grazie al suo popolo, aveva ricuperato l’identità politica ed era ritornata ad essere Stato”.

Nel 1866, quando la guerra si concluse con la riunione di Venezia e di quanto rimaneva del Lombardo-Veneto all’Italia, un giornalista del “Daily Telegraph“, che aveva “conosciuto Venezia come una vecchia bottega di curiosità, come un museo di antichità, come una caserma governata solo dalla baionetta e dal bastone, come una città in stato d’assedio” si recò a Venezia per assistere alla partenza degli austriaci, e la città gli apparve “un sepolcro spogliato, desolato, deserto e disperato” anche se una nuova pagina della storia plurisecolare di Venezia si stava per aprire, una fase che egli si affrettò a battezzare “Venetian rinascimento or new birth”.

Alessandro Milesi . Corteggiamneto al mercato – 1887 ca

Venezia, quindi, capace ogni volta di riemergere più forte di prima.

E un significativo contributo dal punto di vista artistico, in questo periodo, lo offrì proprio l’Esposizione Internazionale d’Arte istituita nel 1895. La grande madre di tutte le “Biennali”, capace di precorrere le nuove tendenze dell’arte e presentare secondo diverse prospettive opere e autori di ogni epoca, in un pluralismo di voci che ne ha sempre costituito la caratteristica principale. 

E’ questa Venezia qui che ci viene riproposta dalle opere in esposizione alla mostra. Si parte dal mito che la circonfondeva fino alle visioni più suggestive del suo paesaggio, dalla vita di tutti i giorni, mercati, affetti, famiglia, lavoro, fino all’influenza degli artisti invitati alla Biennale.

Cesare Laurenti – Visione antica – 1901

Otto sale da vedere con attenzione.

A partire dalla prima, quella dedicata ad Hayez, con la sua Venere “callipigia” che scherza con le colombe. Accanto ad artisti come Lodovico Lipparini e Michelangelo Grigoletti. Poi le immagini delle sue vedute, realizzate da Ippolito Caffi, Cannella, Moja e quel Bresolin che aveva già nel suo armamentario anche l’abilità e il gusto fotografico. Ricordiamo, en passant, che il “vedutismo” nasce a Venezia con lo scopo di riprodurre  un paesaggio in maniera oggettiva, scientifica quasi.

La terza sala viene dedicata a Guglielmo Ciardi, uno dei paesaggisti veneti più noto, con la sua bellissima veduta della laguna, scelta come immagine iconica della Mostra.  Ma, se volete cogliere il vero spirito della città e soprattutto il “respiro” della gente che vi viveva, non perdetevi le altre tre sale che seguono, con opere, tra gli altri, di Giacomo Favretto, Pietro Fragiacomo, Ettore Tito, Luigi Nono, a cui è dedicata anche la sala numero sette con una delle sue opere più celebri “Refugium peccatorum”.

Lavandaie sul Garda . Ettore Tito – particolare – 1888

Un consiglio. Sono tutte opere di grandi dimensioni. Vale la pena avvicinarsi e godere, come abbiamo fatto noi, di particolari, angolazioni e squarci prospettici nei quali troverete davvero incredibili sorprese per la capacità dei pittori di cogliere momenti, espressioni, gesti, di grande naturalezza e umanità.

Ettore Tito – Luglio – 1894 particolare

L’ultima sala, l’ottava, riporta le opere degli stessi artisti che colgono il vento del cambiamento che arriva dalla Biennale che ospitava numerosi artisti stranieri, e che trasferiscono nei loro lavori queste novità di respiro internazionale.

La Mostra resterà aperta al pubblico fino al 13 marzo 2022 con i seguenti orari martedì-domenica 10,00 – 19,00. Per informazioni: www.vivaticket.com e Info@turismonovara.it . Il bel catalogo è stato realizzato da METS Percorsi d’arte.

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