di Carlo Radollovich
Il teatro, opera del Piermarini e costruito sull’area occupata in precedenza dalle scuole fondate da Paolo da Cannobio (da qui la derivazione del nome), venne inaugurato il 21 agosto 1779, esattamente un anno dopo la nascita della Scala.
Il figlio di Maria Teresa d’Austria, l’arciduca Ferdinando, dispose infatti che in Milano operassero due diversi tipi di teatro: il cosiddetto “nobile” (la Scala) e il “popolare” (vedi la “Cannobiana). Si svolgevano comunque spettacoli di pregio anche presso il “popolare”, come l’opera lirica, i balletti e soprattutto le commedie.
La storia ricorda che nel dicembre 1792 si rappresentava alla “Cannobiana” un dramma ove l’attore che impersonava Federico di Prussia diceva a un poveretto prostrato ai suoi piedi: “Alzatevi, parlate liberamente, non amo queste adorazioni; siamo due uomini perfettamente uguali”. La platea si elettrizzò e approvò la frase con scroscianti applausi. Da quella sera, nei teatri e nei teatrini milanesi, censure e restrizioni si moltiplicarono. A proposito di teatrini milanesi, va detto che in quasi tutti i palazzi patrizi si disponeva all’interno di un piccolo teatro, il quale metteva tra l’altro in risalto l’importanza economica raggiunta nel frattempo dalla borghesia in generale.
Durante il periodo repubblicano (Cisalpina dal 1796 al 1802, Italiana dal 1802 al 1805), la “Cannobiana” divise con il Teatro Patriottico (divenuto più tardi Teatro Filodrammatici) gli spettacoli di puro “civismo”, come si diceva allora, ossia commedie, opere e balletti che risultassero particolarmente idonei per i personaggi francesi di spicco.
Dopo il 1815, la “Cannobiana” visse periodi di attenuata brillantezza e altri non proprio al top, tanto che i cronisti dell’epoca definivano “di poco rilievo” gli spettacoli portati sul palcoscenico. Tuttavia, nel 1832, venne rappresentata la prima de “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti, con la presenza del basso Giuseppe Frezzolini (1789 -1861) che interpretava il personaggio di Dulcamara.
Solo nel 1894, Edoardo Sonzogno (1836-1920), editore e autentico protagonista della vita musicale italiana, volle riportare la “Cannobiana” ai suoi antichi splendori. Infatti, la trasformò e la adattò alle esigenze più moderne del teatro di fine Ottocento, ribattezzandola Teatro Lirico Internazionale (del quale ci occuperemo su “ilMirino” in un successivo articolo).
Per la verità, nel 1921, si pensò di riattivare la vecchia “Cannobiana” ricavandola dal ridotto del Teatro Lirico, sul modello dell’”Atelier” (1920) e del “Vieux Colombier” (1913) di Parigi, e anteponendo al nome l’aggettivo “Piccola”. Si volle insomma creare una sorta di asilo, possibile rifugio di maggiore sincerità teatrale con doti alquanto spregiudicate di coraggio artistico. Ma la “Piccola Cannobiana” non ebbe modo di crescere e nel giro di alcuni mesi venne totalmente riassorbita dal Lirico.