di Stefania Bortolotti
C’è chi porta una piccola cicatrice sul volto, chi invece ha il “timbro” della malattia sul torace o in altre aree del corpo. E per molte persone, soprattutto in età avanzata, c’è il rischio di una “riaccensione” del virus, che comporta il doloroso “fuoco di Sant’Antonio”. La varicella è una malattia che lascia il segno del suo passaggio, e non si tratta solo di qualche ricordo sulla pelle. Lo prova l’esperienza dei genitori: secondo un’indagine condotta da Datanalysis su 500 genitori che hanno avuto un figlio ricoverato in ospedale per la varicella o le sue complicazioni, l’impatto in termini di disagio per la famiglia è estremamente significativo per il 65,2 per cento dei genitori e comunque medio per un altro 29,8 per cento, per un totale del 95 per cento che ha subito fortemente l’esperienza del ricovero. Per questo il 67,2 per cento degli intervistati consiglierebbe alle famiglie di vaccinare i bimbi e un altro 26,4 per cento risponde che forse sì, la consiglierebbe.
Purtroppo però ancora pochi sanno della possibilità di prevenire l’infezione: solo l’8,9 per cento degli intervistati sapeva dell’esistenza di un vaccino specifico mentre nel 65,9 per cento dei casi non esisteva alcuna informazione in questo senso. Più di un genitore su tre, infine, dice di non ricordare. Chi ha deciso di non procedere alla vaccinazione lo ha fatto o per un generale timore dei vaccini (53,5 per cento) o per il fatto che il vaccino non è obbligatorio (37,2 per cento). Solo in pochissimi casi, più o meno il 2 per cento, la scelta di non vaccinare è da attribuirsi a problematiche economiche.
“La vaccinazione per la varicella rappresenta uno strumento estremamente efficace in termini di protezione del singolo e di sanità pubblica, visto che la malattia può dare origine a complicanze anche gravi che rendono necessario il ricovero in ospedale – spiega Giovanni Gabutti, Professore Ordinario di Igiene e Medicina Preventiva, Università degli Studi di Ferrara. – Le stime dicono che prima delle campagne di vaccinazione la varicella ogni anno colpiva circa 500.000 persone in Italia, in 4 casi su 5 nella fascia d’età 0-14 anni. Oggi la situazione è molto diversa: con il vaccino possiamo ottenere una significativa riduzione del numero di casi di varicella con complicanze e ospedalizzazioni, oltre al più generale contenimento della morbosità della malattia. Inoltre la vaccinazione universale dell’infanzia, creando l’immunità di gregge, potrebbe consentire la riduzione dei casi di patologia in tutte le fasce d’età”.
Proprio le complicazioni che conducono al ricovero, peraltro “lasciano il segno” sia sui genitori che sui bambini e non sono così rare, visto che in Italia la stima parla di un 3-5 per cento di complicazioni significative. Sempre dall’indagine emerge che l’ospedalizzazione si è resa necessaria soprattutto per le complicazioni dell’infezione a carico della pelle, considerate motivo essenziale nel 61,4 per cento delle risposte, con incidenza più elevata nel Sud e Isole. A seguire ci sono poi le complicazioni di tipo infettivo, come polmoniti, otiti o altre infezioni batteriche associate, riscontrate nel 35,8 per cento dei casi (in particolare nel Nord Ovest).
“La varicella non è una malattia “banale”, anche se spesso viene così interpretata, ed oggi rappresenta ancora una malattia piuttosto diffusa nel nostro Paese, benché sia prevenibile con un vaccino – precisa Susanna Esposito, Professore di Pediatria del Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e Presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (Waidid) – Il virus della varicella, lo stesso che provoca più in là negli anni l’Herpes Zoster, si trasmette con estrema facilità attraverso le goccioline di vapore acqueo che escono dalla bocca o con il contatto diretto con le lesioni. Purtroppo l’intervallo tra il contagio e la comparsa dei segni dell’infezione può essere anche di parecchi giorni, quindi la malattia si diffonde con grande facilità. Il rischio di complicanze, quali polmoniti, sovrainfezioni cutanee e meningo-encefaliti è consistente, quindi con la vaccinazione si possono evitare disagi per le famiglie e spese per il sistema sanitario”.
Sul fronte della prevenzione, oggi sono disponibili diversi vaccini in grado di offrire un’elevata protezione nei confronti della varicella. “GSK, grazie alla sua ricerca, mette a disposizione della sanità pubblica due diversi vaccini: un vaccino monovalente indicato per l’immunizzazione attiva contro la varicella dei soggetti sani, a partire dall’età di 12 mesi e utilizzabile anche per la profilassi post-esposizione, se somministrato a soggetti suscettibili esposti a varicella entro 72 ore dal contatto ed un vaccino quadrivalente, indicato per l’immunizzazione attiva di morbillo-parotite-rosolia-varicella nella stessa iniezione nei bambini a partire dagli 11 mesi fino ai 12 anni di età compresi – spiega Federico Marchetti della Direzione Medica Vaccini di GSK. – Per entrambi i vaccini, il ciclo vaccinale comprende due dosi, da somministrare con un intervallo minimo compreso tra 6 settimane e 3 mesi di distanza”.
Secondo il Calendario per la Vita 2016, redatto dalle Società scientifiche SITI, SIP, FIMP, FIMMG la vaccinazione contro morbillo, parotite, rosolia e varicella può essere eseguita nell’infanzia contemporaneamente, con un vaccino tetravalente, o separatamente, con iI vaccino trivalente morbillo-parotite-rosolia e con quello della varicella. In entrambi i casi si devono somministrare due dosi per ciascuna vaccinazione. Il Calendario vaccinale è stato inserito nella bozza del nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale la cui attuazione è attesa nei prossimi mesi.