Siamo in epoca assai antica e le Fonti di Gajum, oggi situate in provincia di Como e visibili poco prima di giungere a scalare i tre Corni di Canzo, hanno spesso dato origine alle leggende più fantasiose, che la gente del posto ama raccontare ancora oggi ai più piccoli nelle fredde serate d’inverno.
Una di queste riguarda di riflesso la vita di una nobile e bellissima fanciulla brianzola, di nome Esilda, che era stata oggetto di un assillante e continuo corteggiamento da parte di due giovani benestanti che avrebbero voluto sposarla. La ragazza si sentiva attratta da entrambi, ma, per cavarsela in modo…ufficiale, disse loro che avrebbe impalmato colui che, penetrando nei cunicoli carsici della montagna, avrebbe scoperto da dove sgorgassero le acque delle Fonti di Gajum.
I due giovani partirono per questa rischiosa avventura, separandosi da subito. Trascorsa una settimana, Esilda cominciò a preoccuparsi e anche a piangere dopo essersi confidata con la madre. Finalmente, dopo sei settimane, riapparvero con la soddisfazione di tutti, ma subito si noto’ che i due apparivano precocemente invecchiati, trasformati del tutto nel corpo, probabilmente per il lungo periodo trascorso nelle caverne della montagna.
Il primo dei “candidati” alle nozze raccontò di essere stato avvicinato da una splendida ragazza che gli offrì del cibo e gli diede da bere una speciale pozione, grazie alla quale avrebbe scoperto in un tempo brevissimo le origini delle Fonti. Dapprima, egli avverti’ una strana ed eccezionale vigoria fisica, ma, poco dopo, precipito’ in un accentuato abbattimento, tanto da faticare molto nel trovare la via del ritorno.
Il secondo giovane riferì di essersi introdotto in un’ampia caverna ove ebbe una piacevole visione perché circondato da alcune belle ragazze danzanti, che cantavano in continuazione. Ma, scomparsa la visione, il ragazzo assai indebolito peregrinò tra una caverna e l’altra, cibandosi di molluschi prima di rivedere la luce del giorno.
Purtroppo, dopo aver riabbracciato i propri cari, i due ragazzi cessarono di vivere perché in condizioni fisiche veramente estreme, con la disperazione più nera espressa dalla povera Esilda.