di Stefania Bortolotti
È la forma di tumore più diffusa tra i maschi adulti e rappresenta il 20% di tutti i tumori tra gli uomini di età superiore ai 50 anni, ma è rimasto a lungo relativamente orfano di farmaci efficaci. Adesso, per il carcinoma prostatico è disponibile anche in Italia una nuova opzione terapeutica, altamente efficace nel trattamento della forma metastatica: l’AIFA ha dato il via libera a enzalutamide, farmaco messo a punto da Astellas Pharma, indicato per i pazienti affetti da carcinoma della prostata avanzato resistente alla castrazione dopo fallimento della chemioterapia.
Enzalutamide è un agente ormonale di ultima generazione che inibisce in modo selettivo il recettore degli androgeni (testosterone), “motore” del carcinoma prostatico, migliorando in modo significativo la sopravvivenza, con un impatto positivo sulla qualità di vita grazie al buon profilo di tollerabilità, sicurezza e maneggevolezza. Il farmaco, a somministrazione orale, è dispensato dal Servizio sanitario, in fascia “H”, dietro ricetta non rinnovabile dei Centri ospedalieri o degli specialisti.
Il tumore della prostata è una patologia peculiare dell’età avanzata, al punto da essere considerato l’orologio biologico “cattivo” del processo d’invecchiamento. La fascia d’età maggiormente colpita è quella over 70, ma nell’ultimo decennio sono in aumento i casi registrati tra i 60 e i 70 anni; ogni anno in Europa si verificano 90.000 decessi per tumore alla prostata, complessivamente ogni anno in Italia le nuove diagnosi sono circa 42.000 con 8.000 decessi. Oggi grazie ai trattamenti chirurgici e farmacologici, la sopravvivenza dei pazienti è di circa l’88% a 5 anni dalla diagnosi. Ma oltre il 40% degli uomini colpiti da un cancro prostatico sviluppa metastasi e di questi un numero elevato diventa resistente alla castrazione, ossia al trattamento di deprivazione androgenica.
La nuova opportunità terapeutica per il trattamento del tumore della prostata è il frutto della ricerca di Astellas Pharma, una delle prime 20 aziende farmaceutiche a livello mondiale, che ha già lanciato con successo prodotti innovativi in aree terapeutiche importanti quali Urologia, Trapianti, Dermatologia, Cardiologia, Antinfettivi e Terapia del Dolore e che adesso, con enzalutamide, estende anche all’Oncologia il suo impegno orientato a migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Tumore della prostata, l’orologio biologico “cattivo”del processo di invecchiamento
Intervista a:Paolo Marchetti
Professore ordinario di Oncologia Medica, Sapienza Università di Roma,
Direttore U.O.C. Oncologia Medica, Azienda Ospedaliera Sant’Andrea, Roma
Professore, in Europa il tumore della prostata è il tipo di neoplasia più diffusa nella popolazione maschile dopo i tumori cutanei. Quali sono le caratteristiche di questo tumore? Come si manifesta? Quali sono l’incidenza e i principali fattori di rischio?
Il tumore della prostata è una neoplasia tipica dell’età più avanzata: potremmo definirla quasi una sorta di orologio biologico in negativo del fisiologico processo d’invecchiamento. Numerosi studi autoptici condotti in soggetti sopra gli 80 anni, deceduti per cause non neoplastiche, rivelano la presenza di focolai tumorali prostatici. Questo sta a significare che la ghiandola prostatica è un organo molto incline alla trasformazione neoplastica a causa dell’invecchiamento: purtroppo, se in molte persone la patologia non si manifesta clinicamente, alcuni soggetti sviluppano il tumore. Classicamente, la fascia d’età più colpita è quella dopo i 70 anni; tuttavia nell’ultimo decennio, sia per un miglioramento delle indagini diagnostiche che della diagnosi precoce, assistiamo alla comparsa di tumori della prostata in età precedente, tra i 60 e i 70 anni e, seppure rarissimo, qualche caso prima dei 60 anni. Il tumore della prostata è caratteristicamente ormono-sensibile agli androgeni, tant’è vero che la malattia regredisce asportando i testicoli o somministrando farmaci che riducono i livelli di testosterone. Per quanto riguarda i sintomi, la patologia si manifesta con difficoltà a urinare e sangue nelle urine, quasi sempre quando è già in fase avanzata. Si tratta della neoplasia più frequente tra i maschi adulti, rappresentando il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età nell’uomo. Ogni anno si registrano 42.000 nuovi casi e 8.000 decessi e questi numeri sono in aumento anche a motivo della diagnosi precoce più frequente e per il cambiamento degli stili di vita. Il primo fattore di rischio è l’invecchiamento, seguito dalla dieta troppo ricca di grassi e dalla scarsa attività fisica. Bisogna comunque tener presente che un 5-10% dei tumori prostatici è genetico-ereditario, con maggiore frequenza tra i più giovani; mentre la familiarità è presente nel 25% di casi. Fattori protettivi, da non sottovalutare, sono le vitamine D, A e gli antiossidanti.
Quali sono generalmente l’evoluzione e la prognosi della patologia? Cosa si intende per “forma metastatica resistente alla castrazione”?
Lasciato a se stesso, il tumore della prostata evolve e metastatizza portando ad exitus. Oggi però, grazie ai trattamenti chirurgici e farmacologici, la sopravvivenza dei pazienti è di circa l’88% a 5 anni dalla diagnosi, con una prognosi che possiamo definire favorevole se la neoplasia viene diagnosticata precocemente e trattata in maniera integrata. La forma metastatica resistente alla castrazione, intesa come tumore resistente alla deprivazione degli androgeni, concetto fondamentale emerso di recente, è più complessa, ma si riesce a superare tale ostacolo grazie alle nuove prospettive terapeutiche basate su farmaci non solo chemioterapici e che rispettano, anche e soprattutto, la qualità di vita del paziente.
Uno dei problemi del tumore della prostata è il ritardo della diagnosi, che in circa il 10-20% dei casi arriva nella fase già avanzata: quali sono i fattori che ostacolano un riconoscimento tempestivo della malattia?
Il motivo principale per cui il tumore della prostata viene di solito diagnosticato tardivamente risiede nella natura del tumore stesso: questo cancro infatti origina e cresce nella parte più esterna della ghiandola prostatica, il cosiddetto mantello, e le alterazioni che innesca non danno segni della loro presenza se non quando il tumore è molto cresciuto. Altro ostacolo alla diagnosi tempestiva è proprio la carenza di indagini diagnostiche che segue un gradiente Nord-Sud nel Paese. Inoltre lo stesso dosaggio del PSA può rivelarsi uno strumento diagnostico ingannevole, in quanto spesso evidenzia forme tumorali che magari non avrebbero mai dato problemi. Ecco perché lo screening va sempre eseguito in accordo con il proprio medico curante e i risultati devono essere interpretati con molta cautela.
Come si sviluppa la collaborazione tra urologo e oncologo? Che importanza ha l’approccio multidisciplinare, sia nella fase che precede la diagnosi sia nel successivo percorso di cura?
La collaborazione tra le diverse figure specialistiche deve iniziare subito, dal momento in cui si ha il sospetto di neoplasia prostatica. Parlare di approccio multidisciplinare può dare l’idea che il paziente sia una sorta di pacco postale, trasferito da uno specialista all’altro a seconda del momento e della necessità. Così non deve essere. Quel che interessa noi medici è una collaborazione interdisciplinare stretta all’interno di un gruppo competente che includa tutte le figure specialistiche necessarie e in grado di offrire la valutazione e il trattamento migliori.