di Carlo Radollovich
Esiste un quartiere del Comune svizzero di Mendrisio, di nome Ligornetto (che alcuni lettori ricorderanno sicuramente come patria del noto scultore Vincenzo Vela), quartiere che ogni mattino è preso d’assalto da diverse migliaia di auto.
Come mai questo “scompiglio” che ritarda il transito, specialmente dei nostri frontalieri, ansiosi di poter giungere puntuali sul posto di lavoro, ove non sono ammessi ritardi d’ingresso, pena il licenziamento dopo il terzo richiamo? La colpa è di un referendum locale, votato a maggioranza dalla popolazione per far chiudere al traffico alcune strade del centro storico di Ligornetto. Ovviamente, si va alla ricerca di percorsi alternativi per raggiungere in tempo utile le numerose industrie di Stabio (Comune confinante con Mendrisio), ma tali percorsi stradali si ricollegano pur sempre all’unica arteria che passa attraverso Ligornetto.
Si può addirittura affermare che buona parte della rete viabilistica ticinese avverta grosse difficoltà. Il disagio non è soltanto mal sopportato dai frontalieri, ma anche dai cittadini del posto, e pertanto è già scattata una petizione, consegnata alla Cancelleria locale, affinché venga consentita la riapertura delle strade interessate al transito in direzione Mendrisio.
Ma è altrettanto chiaro che l’intasamento, provocato per lo più dai numerosi frontalieri, come si accennava, mette in movimento mai sopite ruggini e frizioni contro gli italiani. E al di là del traffico caotico descritto, i nostri connazionali si sentono spesso discriminati, non tanto per certi cartelli nuovamente notati in Ticino che sollecitano uno stop all’ingresso di lavoratori stranieri, ma anche frustrati come persone, a volte guardate con aria di compatimento se non di sfida.
Curiosamente, tutto ciò si presenta in netta contraddizione con l’eccellente stato delle relazioni diplomatiche italo-svizzere e si è già intervenuti presso le autorità bernesi affinché manifestazioni o anche velate dimostrazioni contro il personale italiano possano cessare nel più breve tempo possibile.
La verità è che gli svizzeri, senza il contributo lavorativo dei nostri connazionali, andrebbero incontro a grandi problematicità. E grazie anche ai bassi stipendi accordati alla manodopera italiana, le imprese elvetiche risultano ancora più competitive sui mercati internazionali. In ogni caso, sulla base di una rinnovata impostazione lavorativa bilaterale, è auspicabile che una bilanciata armonia italo-elvetica torni ad instaurarsi quanto prima, sotto ogni profilo.