di Carlo Radollovich
Questo racconto, un misto tra fatti realmente accaduti e il consueto vagare sulle ali della leggenda, tipico del Medio Evo, risale al tempo in cui i Longobardi si confrontavano acerrimamente anche sui nostri territori con i Franchi di Carlo Magno.
Fece eccezione, nel corso dell’ottavo secolo, un amore sbocciato improvvisamente tra una nobildonna longobarda e un valente capitano dei Franchi. Accadde che la donna rimanesse incinta e fu ovviamente convenuto che la cosa avrebbe dovuto restare segreta. Ma avvenne che la giovane ragazza, proprio nel momento in cui il suo compagno si trovava lontano in battaglia, incontrò tragiche difficoltà nel partorire e stava addirittura per spirare.
Raccolse le sue ultime forze, mandò a chiamare il suo padre spirituale e fece appena in tempo ad affidargli il suo bellissimo piccolo, appena nato. Il sacerdote si diede subito da fare nel tentativo di trovare una sistemazione per il bambino. Fu in grado di collocarlo presso un nobile longobardo dal cuore d’oro, la cui figlia, di nome Danimea, si occupò prontamente del pargoletto.
Ma la sfortuna si accanì ancora una volta contro il fanciullo perché il padre di Danimea, sospettato di voler congiurare contro lo Stato franco, venne rinchiuso immediatamente in una prigione. Alla ragazza non restò altra soluzione se non quella di affidarsi al suo fidanzato, un certo Giovanni. Ma egli, tallonato a sua volta dai Franchi, fu costretto ad allontanarsi da Milano.
Sfiancata e angosciata per le mille preoccupazioni, la giovane si prese la responsabilità di ritornare il piccolo nelle mani del padre spirituale. Contemporaneamente, decise di farsi suora e sarebbe entrata in convento quanto prima.
Il buon Giovanni che, tramite amici fidati, era venuto a sapere di questa sua amara determinazione, abbandonò qualsiasi forma di prudenza e rientrò in città per poter discutere assieme a lei, con grande malcontento, l’incredibile decisione presa. Giovanni venne tuttavia riconosciuto da un capitano dei Franchi, dapprima inseguito e poi raggiunto nella casa di Danimea. L’ufficiale volle battersi a duello con Giovanni e, dopo un prolungato scontro, ebbe la peggio.
Ferito gravemente, il suo ultimo sguardo cadde sul piccolo, sulla sua culla e sulla sontuosa coperta che la ricopriva. Sebbene già parzialmente annebbiato, riconobbe la particolare prepunta che avvolgeva il bimbo e, di riflesso, arguì che il figlio, mai più rivisto, era il suo. Con un ultimo sforzo, in punto di morte, fece chiamare un prelato ed alcuni testimoni, davanti ai quali ufficializzò che tutte le sue sostanze sarebbero state ereditate dal bimbo.
Anche se la storia non ci dice se Giovanni e Danimea salissero all’altare, tutto lascia intendere che la coppia visse felice e contenta, magari con l’aggiunta di altri pargoletti…