di Carlo Radollovich
Luigi Canonica e il Piermarini ricevevano, nel 1796, l’incarico di curarne il progetto, poi realizzato dall’architetto Leopoldo Pollack, l’ideatore della meravigliosa Villa Belgioioso.
Quale area scegliere per il teatro ? Si pensò di occupare, come poi avvenne, una chiesa sconsacrata, quella dei santi Cosma e Damiano, resasi disponibile dopo la soppressione dell’ordine dei Benedettini, in piazza Ferrari, proprio all’ombra della Scala. Una sottoscrizione venne subito lanciata e il primo incasso (32 lire) venne registrato a nome Andrea Appiani, il famoso pittore.
Il Filodrammatici venne inaugurato la sera del 21 dicembre 1800 con “Filippo” di Vittorio Alfieri, con un grande successo.
Milano, in quei giorni, arrivava al traguardo dei 130mila abitanti e tra i giovani si faceva sempre più avanti la passione per l’arte drammatica, che forse toccò il massimo livello nel periodo dell’occupazione napoleonica.
Si recitava in teatrini non solo allestiti nei cortili delle case, ma addirittura anche nelle osterie: quante piccole compagnie filodrammatiche ! Qualcuno pensò, molto intelligentemente, di fondere assieme le energie sorte dalla scena dilettantistica, con la finalità di offrire ai milanesi spettacoli sempre più validi, ben coordinati, da rappresentare se appena possibile in un grande teatro.
Ecco allora sorgere l’Accademia dei Filodrammatici che darà poi il nome al teatro di cui ci stiamo occupando. Costituita sotto la denominazione “Teatro Patriottico”, venne creata per favorire lo sviluppo dell’arte e della letteratura drammatica, istituendo al tempo stesso speciali corsi di studio.
Il Filodrammatici ospitò attori illustri (incredibilmente, il ben noto poeta Carlo Porta si esibì in esilaranti parti comiche) con la presenza di spettatori di spicco (leggi ad esempio Carolina di Brunswick, la moglie ripudiata del principe di Galles e al centro di alcuni gossip dell’epoca).
Nel 1816, l’Accademia diventò proprietaria del teatro, che venne abbellito e in parte anche rinnovato, giusto in tempo per applaudire gli autori più noti. Il tenore Barbacini incantò gli spettatori, mentre Giuseppe Verdi conobbe qui la sua futura seconda moglie, Giuseppina Strepponi.
Il 23 marzo 1862 apparve, festeggiatissimo, Giuseppe Garibaldi, mentre più avanti Vittorio Emanuele II e la regina Margherita, riscossero i complimenti di una vasta platea. E’ importante notare che, dopo il 1885, si evidenziò una certa rivalità con il vicino teatro Manzoni, rivalità ancora più accentuata quando al Filodrammatici approdarono Zago, Sbodio, Carnaghi e, su tutti, il Ferravilla e la Duse.
Vi fu un radicale rinnovamento nel 1922 e il 20 gennaio 1923 la Duse strappò applausi a non finire con “La città morta” di Gabriele D’Annunzio.
Calcarono le scene anche Govi, Niccodemi, Tofano, Petrolini, Paola Borboni, le sorelle Gramatica, solo per citare alcune stelle di quell’indimenticabile ciclo teatrale.
Nel 1936, tra molti rimpianti, diventò sala cinematografica, mentre nel dicembre del 1943 accadde un vero disastro: il teatro venne colpito da un infernale bombardamento e si salvarono soltanto piccole parti della struttura. Nel dopoguerra fu riaperto con sistemazioni provvisorie tra il 1960 e il 1970, mentre poco dopo la sua ricostruzione fece faville grazie all’architetto Caccia Dominioni.