di Carlo Radollovich
Nel corso del 2019 (la data esatta non è stata ancora fissata), la Svizzera varerà un referendum per accettare o respingere la libera circolazione tra la Confederazione Elvetica e le nazioni dell’Unione Europea. Si desidera in sostanza confidare nel voto popolare per frenare l’immigrazione.
Soggetto a forte rischio risulta essere, purtroppo, il lavoro dei frontalieri e l’Udc (partito conservatore svizzero) ha già raccolto migliaia di firme per poter avviare, sotto ogni profilo, il normale iter della consultazione popolare.
Tale partito ha già espresso una serie di preoccupazioni, nel timore che i lavoratori frontalieri italiani possano sottrarre il lavoro a numerosi operatori svizzeri. Si vorrebbe insomma “moderare” (e perciò diminuire) la possibilità di entrare liberamente nella Confederazione, libertà di lavoro che verrebbe definita dannosa soprattutto per l’intero Canton Ticino.
Spiace in ogni caso prendere nota che una certa animosità contro i frontalieri sia già cominciata da tempo, in attesa che il voto popolare, preannunciato per il 2019 come accennavamo, possa fare “giustizia” secondo i canoni svizzeri.
Va aggiunto che il prossimo referendum rischia di abbattere completamente gli accordi bilaterali con l’Europa, i quali sono da sempre inquadrati a favore della libera circolazione.
Rammentiamo con l’occasione che nel 2014 un primo referendum aveva visto gli svizzeri favorevoli all’inserimento di quote massime per lavoratori stranieri, inserimento che non sarebbe tuttavia sfociato nella necessaria applicazione della legge relativa.
Di qui la precisa esigenza elvetica, ormai concretizzatasi, di convocare un secondo referendum.