di Carlo Radollovich
Secondo un recente sondaggio, molti milanesi avrebbero espresso un apertissimo entusiasmo per quanto riguarda lo scoperchiamento dei Navigli.
Anche taluni cittadini, che in passato avevano dichiarato di non gradire la riapertura dei canali in Milano, ci hanno ora ripensato. Si dichiarerebbero infatti entusiasti dei vantaggi che la nostra città acquisirebbe a livello turistico e vedrebbero pure di buon occhio questa introduzione romantica che già aveva affascinato i nostri bisnonni. E poi, gli spazi vivibili a favore dei milanesi si moltiplicherebbero.
Certo, i contrari si rendono conto che, al di là dei notevoli costi da sostenere, la mobilità diverrebbe a rischio, con penosi fattori riguardanti la caoticità del traffico, del diminuito numero di parcheggi per le macchine e anche per motivi igienico-sanitari (leggi zanzare e “profumi” esalati non proprio gradevoli).
Si citano in particolare i tratti da “aprire” e cioè le vie Melchiorre Gioia e Francesco Sforza, piazza Vetra e le Conche dell’Incoronata e di Viarenna. Qui, in particolare, si registrerebbero cadute sulla circolazione dei mezzi di trasporto già oggi a singhiozzo. E lo spostamento del traffico sulle cerchie esterne, già insufficienti, non riuscirebbero a smaltire il flusso di auto che si verrebbe a creare.
Ma numerosi nostri concittadini si spingono oltre la riapertura dei Navigli, affermando che l’Area B, la quale dal 21 gennaio 2019 vieterà la circolazione dei mezzi diesel più inquinanti nelle fasce periferiche, offrirà a tutti noi aria più pulita e respirabile. Ma taluni affermano che questa obbligatorietà (che ovviamente si traduce in un vero e proprio divieto) potrebbe provocare una importante lesione nelle attività commerciali, tenendo presente che la distribuzione di merci avviene spesso su mezzi di trasporto obsoleti e datati.