di Carlo Radollovich
A proposito del Cinquantesimo sacerdotale di don Sandro Sozzi, desideriamo ricollegarci all’articolo del collega Antonio Barbalinardo, apparso su “ilMirino” del 4 giugno, con il quale è stato tracciato un ampio profilo delle molteplici attività svolte dal sacerdote.
Vorremmo anzitutto sottolineare la sua vasta cultura, già espressa in giovane età presso il Seminario di Venegono ove insegnava letteratura e italiano, le sue sofferte dispute nei confronti della contestazione del 1968, specialmente quando certe frange manifestavano ricorrendo ad atteggiamenti violenti e diseducativi, le sue coraggiose iniziative di primo parroco presso la cappellina di via Concilio Vaticano II, ove era instancabilmente alle prese con gli assillanti bisogni che negli anni Ottanta culminavano, a Quarto Oggiaro, in pesanti situazioni di indigenza. E poi le sue fattive collaborazioni con le suore Marcelline e successivamente con le suore Ausiliatrici delle Anime del Purgatorio, che raggiungevano traguardi di stretta simbiosi spirituale. Ma vorremmo ancora ringraziarlo per le sue concretissime omelie che ci fanno scoprire preziosi riscontri nella realtà di ogni giorno. E’ vero, i cristiani hanno sempre più bisogno di sacerdoti della sua tempra, della sua preparazione maturata nella fede, vivendo in Dio per il bene dei fratelli, sorreggendo tutti anche con il semplice ausilio di un sorriso convincente. Insomma, serbiamo per lui un’infinita gratitudine per tutto ciò che ha fatto e che continuerà ad intraprendere.
Per meglio inquadrare la figura di don Sandro in occasione della festosa ricorrenza, vorremmo lasciare la parola a un suo ex allievo liceale, Gianni Barbacetto, del quale riproduciamo una significativa lettera:
“Ho conosciuto due don Sandro. Il primo era un giovanissimo professore di lettere. Insegnava serio serio letteratura e italiano a noi, strana classe di liceali dentro il seminario, in anni in cui fuori c’era il Sessantotto e dentro arrivavano le passioni e le inquietudini di un’epoca irripetibile, in cui sembrava dovesse cambiare tutto: la società, la scuola, la fabbrica, la Chiesa, la musica, la vita… Adolescenti pieni di speranze, di energie, di illusioni, che riversavamo in temi appassionati, in giornalini ingenui. Don Sandro insegnava. Con pazienza e con rispetto (“laico”, mi verrebbe da dire) per la materia che manovrava, per il sapere a cui ci dava accesso, da serio professorino che faceva bene il suo lavoro con grande attenzione per noi che, oltre che studenti di liceo, eravamo persone in formazione, speranze d’uomo, seme futuro del mondo. Finita quella esperienza e tornato nel mio quartiere di Milano, Quarto Oggiaro, ho conosciuto il secondo don Sandro. Non era più il mio professore, ma era diventato un prete di periferia, in una parrocchia senza chiesa, dove la messa si celebrava in uno stanzone ricavato dai negozi al piano terra di un edificio delle case popolari, in una via il cui nome era già un destino: via Concilio Vaticano II. Superato il rapporto gerarchico (professore-studente), che forse imbarazzava più lui di me. Don Sandro, giovane prete di periferia, m’invitava talvolta ad accompagnare con la chitarra i canti durante la messa. Diceva parole semplici e cercava di testimoniare la bella follia della fede anche a chi l’andava perdendo, o trasformando in nostalgia di una Grande Narrazione smarrita. Restava un maestro della parola, come quando era professore. Delle parole che costruiscono un senso, stringono rapporti, creano comunità. Parole piane, mai urlate, mai retoriche. Questo è don Sandro, il primo e il secondo.”
P.S. Per chi avesse piacere di riascoltare la parola di don Sandro Sozzi, in occasione della ricorrenza del suo Cinquantesimo sacerdotale, segnaliamo che una celebrazione avverrà domenica 22 giugno, alle ore 10,30, presso la parrocchia di S.Marcellina e S.Giuseppe alla Certosa, viale Espinasse 85, ove egli ha iniziato le sue prime esperienze religiose.