di Giovanna Guiso
La Legge n. 38/2010 sulla tutela del diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore ed è stata l’inizio di un percorso avviato per migliorare la vita di chi soffre. Recentemente lungo questo percorso è nata una collaborazione tra pubblico e privato che ha portato alla realizzazione del “Libro Bianco del Dolore cronico” sull’impatto sociosanitario ed economico della sofferenza nel nostro Paese.
Creato dall’esigenza di migliorare ulteriormente l’approccio diagnostico-terapeutico al dolore, il volume evidenzia gli aspetti medici, farmacologici, farmaco-economici e istituzionali della sofferenza e costituisce uno strumento utile per coloro che devono affrontare il dolore nel proprio lavoro quotidiano.
In Italia, la sofferenza riguarda circa di 13 milioni di pazienti di cui un terzo non si cura o lo fa da sé in privato mentre i restanti 8 milioni si curano attraverso il Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Il costo sociale medio annuo del dolore cronico per ogni paziente è stato calcolato ammontare, con una stima al ribasso, a 4.557 euro di cui 1.400 per costi diretti a carico del SSN (farmaci, ricoveri, diagnostica) e 3.156 per costi indiretti (giornate lavorative perse, allontanamenti definitivi dal lavoro). Se si moltiplicano i costi diretti per 8 milioni di pazienti, si arriva a un onere annuo per il SSN pari a 11,2 miliardi di euro, con un’incidenza sulla spesa sanitaria pubblica complessiva del 9,6%. Sulla stessa base, il totale dei costi indiretti ammonta a 25,2 miliardi.
Complessivamente la stima del costo sociale del dolore cronico in Italia ammonta a 36,4 miliardi all’anno, corrispondenti al 2,3% del prodotto interno lordo (PIL).
Il Libro Bianco indica un aumento nell’impiego di analgesici oppioidi (per una spesa di 179 milioni di euro di cui 101 per quelli forti) negli ultimi quattro anni sebbene i farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS) continuino a essere i più venduti (per una spesa di 240 milioni di euro) a dispetto dei possibili effetti collaterali e in controtendenza con le linee guida delle Autorità regolatorie e i dati della letteratura scientifica internazionale.
L’Italia è ultima tra i Paesi europei per uso di oppioidi con una spesa pro-capite di 2,11 euro contro i 10 euro in Germania (il valore più alto in Europa) ed è prima per l’impiego di FANS (3,91 euro per cittadino) a fronte di 1,82 euro nel Regno Unito.
Notevoli diversità nell’accesso alle terapie del dolore sono state riscontrate anche tra le varie regioni italiane come dimostrano i dati IMS sulle prescrizioni e vendite dei farmaci e i rapporti OsMed sull’uso dei farmaci in Italia.
Tali diversità andrebbero annullate a favore di un corretto e analogo criterio terapeutico, fedele alle indicazioni cliniche per le quali il farmaco si è dimostrato efficace ed esteso alle persone che sono costrette a convivere con la sofferenza per il resto della loro vita, al fine di, come recita l’articolo 1 della legge “… assicurare il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l’equità nell’accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, […] nel rispetto della tutela della dignità e dell’autonomia del malato, senza alcuna discriminazione, della tutela e promozione della qualità della vita fino al suo termine, dell’adeguato sostegno sanitario e socio-assistenziale della persona malata e della famiglia”.