di Carlo Radollovich
Quando i piccioni aumentano considerevolmente in città e il loro numero non accenna a diminuire, il disagio che gli abitanti devono sopportare è decisamente pesante.
Non solo per i loro escrementi, veicolo di possibili malattie, ma anche per le dannose incrostazioni che si formano sui nostri balconi. Infatti, quando queste si depositano su marmi o su metalli, è a volte difficoltoso provvedere in modo accurato alla relativa pulizia.
Quando poi si rientra a casa, dopo un certo periodo di vacanza trascorso fuori città, l’essicamento del guano, constatato sulle ringhierette o su altre parti verniciate, si trasforma in un vero e proprio attacco, a volte in grado di giungere sino allo strato sottostante di metallo.
Meglio poi non descrivere le sporcizie che si notano nei sottotetti, sui cornicioni e in certi abbaini semiabbandonati.
E le colonie che i piccioni hanno impiantato a Camparada, un paese situato in provincia di Monza&Brianza, sono state sin qui tanto fastidiose e intense da obbligare il Comune ad intervenire con specifiche ordinanze. Ad esempio, è stato istituito l’obbligo di effettuare una disinfestazione periodica negli anfratti in cui questi volatili hanno nidificato e di rispettare il divieto relativo alla donazione di qualsiasi cibo. In caso contrario, scatterebbe un’ammenda a carico di coloro che non si attenessero a queste disposizioni.
Si ipotizza pure di limitare la loro eccessiva proliferazione mediante un’adeguata somministrazione di prodotti anticoncezionali, senza giungere al feroce proposito di abbattere i colombi in sovrannumero. Per la verità, quest’ultima disposizione stava per entrare in vigore in una località dell’Italia Centrale, a Chieti, quando il TAR provvedeva prontamente ad annullarla.
Per concludere, nessuno desidera dichiarare guerra ai piccioni, ma una razionale regolamentazione delle loro presenze in città sarebbe davvero auspicabile.