E’ stata indetta l’edizione 2022 del Premio Internazionale “Città di Varallo”, una rassegna di poesie e di poeti, ideata da Otmaro Maestrini e organizzata da OTMA2 Edizioni. Si svolgerà il 18 settembre presso lo storico Teatro Civico di Varallo Sesia (VC), in Piemonte, cittadina nota in tutto il mondo per la chiesa di Santa Maria delle Grazie e per il Complesso Monumentale del Sacro Monte.
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Un Premio di poesia di questi tempi – con una terribile pandemia alle spalle, la guerra sullo sfondo, il timore di una crisi economica – può sembrare un’operazione contro corrente. Ma non lo è affatto. Al contrario. Il fare poetico, anche se non assurge a vette eccelse di lirismo, è sempre un’iniziativa positiva, un gesto di ottimismo nei confronti della vita e della speranza in un mondo migliore.
Cosa può fare una piccola poesia contro l’assurdità delle tragedie e dei comportamenti umani? Non molto, in apparenza. In realtà, moltissimo, perché, come diceva Franco Fortini: “il poeta è un uomo (o una donna) immerso pienamente nel tempo in cui vive e di questo tempo sa cogliere le contraddizioni, le incongruenze, le disuguaglianze, i disagi e li filtra, raccontandoli attraverso la sua sensibilità”. Insomma, la poesia è una voce, per quanto flebile, di libertà che non si può soffocare, è la ricerca disinteressata e appassionata di un’armonia contro l’assurda disarmonia del mondo.
Ma i poeti sono tutti ispirati, tutti sinceri quando si esprimono attraverso lo strumento della poesia? C’è chi non crede che sia così, come il famoso scrittore Fernando Pessoa che sosteneva: “Il poeta è un fingitore./Finge così completamente/che arriva a fingere che è dolore/il dolore che davvero sente”. Non siamo d’accordo con questa affermazione.
Non escludiamo che esistano poeti, per così dire, “ipocriti”, che amino crogiolarsi in un certo autocompiacimento estetico o memorialistico. Ma siamo altrettanto convinti che chi scrive poesia sia sempre animato dal desiderio di affrontare territori di confine di cui solo lui (o lei) conosce i sentieri più nascosti e scomodi, e intenda condurvi tutti coloro che vogliono seguirli.
Può darsi benissimo che chi fa poesia lo faccia senza aver letto, studiato, capito. Che per esprimere quello che sente dentro, usi i modesti strumenti che possiede. Questo “sgranchirsi il cuore”, mettendo a nudo i propri sentimenti, come dice qualcuno, significa fare poesia? Certamente, sì. D’altra parte, la natura della poesia è inafferrabile e. per certi versi, infida. Non è facile riconoscerla. Sappiamo bene, infatti, che si riconosce solo ciò che già si conosce. Ma pensarla così sarebbe sbagliato, perché significherebbe chiudere la porta a ciò che ci appare diverso, inconsueto, imprevisto…
La poesia, diciamolo una volta per tutte, in certi casi, non è tenuta a rispettare la categoria della bellezza, coglie la realtà dove capita e cerca di farlo nella sua interezza, nella sua autenticità, spesso fregandosene delle regole. E il compito del poeta è quello di guardarsi dentro proprio mentre sta compiendo questo esercizio, rischioso come quello di certi equilibristi, quando si esibiscono senza rete di protezione.
Solo così chi scrive poesie può dirsi poeta. Il che, tra l’altro, significa che prima di fare poesia era un poeta in potenza, un attimo dopo averla realizzata è uno che ha smesso di fare poesia. Il dramma o il fascino dell’illusione poetica, in fondo, sta tutto qui!
Partecipate numerosi al Premio “Città di Varallo”, avete tempo fino al prossimo 7 di luglio per inviare le vostre composizioni.