Chi si cela dietro il nome di Eva Kunt? Diciamo subito che c’entra solo relativamente l’algida e misteriosa compagna di Diabolik, il cui nome è Kant. Kunt, piuttosto, è la deformazione di un vocabolo inglese dal significato volgare ed è la trovata di una artista bolognese che vuole rimanere anonima e che preferisce essere immaginata, se proprio lo vogliamo fare, come un personaggio dei fumetti.

E’ vero, con la sua musica ci troviamo subito in un mondo parallelo che può confonderci. A parte il mistero iniziale del suo nome, con il suo CD Plastic Era, realizzato con il contributo di NUOVOIMAIE, Eva ci fa entrare in una nuova e affascinante dimensione sonora che occorre esplorare con calma e spirito aperto per non restare troppo sorpresi.

Si tratta di dieci brani di musica elettronica fusion che utilizza in prevalenza sintetizzatori e drum machine analogici e promette un’esperienza d’ascolto immersiva. Di fronte a suoni unici nel loro genere, occorre essere ben disposti e tenere conto dell’equilibrio degli elementi in gioco, dell’impatto emotivo e della capacità innovativa che ci sta dietro.
Insomma, sempre di una fusione di elementi diversi si tratta. E quindi l’efficacia di un brano la si valuta se sa combinare i ritmi elettronici, una texture fatta di suoni interrotti, deformati, “sporchi” e vere influenze jazz con strumenti (sassofoni, trombe, ma anche voci umane) in un insieme armonico, senza che un elemento sovrasti l’altro, con l’obiettivo di raggiungere un senso di omogenea e soddisfacente fluidità.
Il risultato ci sembra che sia stato raggiunto perché l’ascolto nel suo incedere talora ossessivo e ipnotico (personalmente ho apprezzato i pezzi “After Hate” e “Hurt box” forse per l’evocatività dei titoli?) sembra cogliere perfettamente il senso della nostra epoca. Un’epoca che sconta certe scelte del passato: la plastica che prima abbiamo considerato un’invenzione straordinaria e poi si è trasformata nel simbolo stesso del degrado e dell’inquinamento. (Speriamo che l’IA non ci faccia fare la stessa fine!)
Quando Eva ha pensato il brano “Cold Night” sembra che avesse in mente l’immagine di bottiglie di plastica abbandonate sul ciglio di una strada. Si può provare pietà anche per questi oggetti così vituperati? Certo che sì! In ogni caso c’è ottimismo nella visione di Eva. Abbiamo ancora tempo per rimettere insieme i pezzi (la copertina del CD li simboleggia) per ritrovare grazie alla creatività e a occhi nuovi (sempre quelli, un po’ fantasmatici, della copertina) l’equilibrio perduto. Ce lo auguriamo di cuore con lei.
Qui, per ascoltare i brani di questo CD.