Con la parola “pellegrinaggio”, in genere, ci si riferisce alla visita di luoghi sacri ma può essere riferito anche a una visita di un luogo di riferimento a momenti particolari della storia o della vita nella ricerca spirituale e di memoria.
Così, nella giornata del 27 gennaio, molti sono stati i milanesi e non solo che si sono recati presso il Memoriale della Shoah di Piazza Edmond Jacob Safra, posta lungo via Ferrante Aporti, o presso il Giardino dei Giusti del Monte Stella.
Il 27 gennaio è il giorno dedicato al ricordo della Shoah, dello sterminio del popolo ebraico ed è la data ufficiale che fu indicata in Italia con la legge n° 211 del 20 luglio 2000 che istituiva il “Giorno della Memoria” per non dimenticare e ricordare le vittime della persecuzione dal nazifascismo che, come noto, iniziò nel 1938 e si concluse alla fine della seconda guerra mondiale nel 1945, data che fu dopo adottata anche dagli Stati membri delle Nazioni Unite con la risoluzione 60 / 7 del 1º novembre 2005. Il 27 gennaio 1945, infatti, le truppe dell’Armata Rossa, nella offensiva verso la Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, nome tedesco della vicina cittadina polacca Oświęcim.
Anche quest’anno per non dimenticare tali persecuzioni e fare in modo che non accadano più, si sono svolti diversi momenti commemorativi poiché ci sono ancora troppi rigurgiti di neo-nazismo, di neo-fascismo e di deriva antisemita nella cronaca quotidiana, come quello verificatosi nei giorni scorsi in un comune dei pressi di Livorno che non va considerata solo una ragazzata.
Ed é proprio ai ragazzi e alle ragazze che va insegnato – prima in famiglia e dopo nella scuola – il rispetto verso tutti, siano bianchi o di colore, siano ebrei, cattolici o mussulmani.
Rivolgendomi proprio ai ragazzi mi piacerebbe riferire quanto diceva la guida durante la visita presso il Memoriale della Shoah: mai come adesso bisogna raccontare alle nuove generazioni la storia di tali persecuzioni e forse occorre far visitare loro alcuni luoghi dove si sono verificate tali efferatezze di persecuzioni verso il genere umano, senza pretendere di andare a visitare i Campo di concentramento di Auschwitz – Birkenau o altri campi o visitare la risiera di San Sabba di Trieste – che è stato un campo di concentramento nazista italiano – dove sono transitati e sono stati uccisi prigionieri politici ed ebrei.
In cittá si può visitare il Memoriale della Shoah per conoscere e capire la storia di quel particolare momento e rendersi conto di quello che è successo a Milano e non solo, dal 1943 fino al 1945.
Senz’altro chi ha visitato il Memoriale sa che giá nell’entrare c’è il duro impatto con la scritta sulla parete di cemento “INDIFFERENZA”: sia i tedeschi che gli italiani, infatti, sapevano cosa stesse accadendo – come riportanto da alcuni storici – ma sono rimasti indifferenti approfittandone, arricchendosi e continuando a vivere la propria quotidianità, così come ha anche riferito una guida durante la visita.
Seguendo il percorso, leggendo i vari pannelli esposti, ascoltando e vedendo i vari filmati storici, il visitatore si trova all’interno di un racconto raccapricciante che ti colpisce quasi come un pugno nello stomaco, ti blocca. Ma l’effetto più toccante é dato dall’osservare e toccare con mano quei convogli merci per il trasporto di bestiame e pensare che venissero usati, senza nessuna pietà, per bambini, donne, adulti ed anziani, ammassati, spinti e buttati lí dentro e portati direttamente ad Auschwitz – Birkenau e negli altri campi.
Entrare dentro a una delle carrozze bestiame é un’emozione ancora più forte poiché osservandole, toccandole e chiudendo gli occhi, per qualche istante si puó pensare, quasi percepire, il pianto o il lamento delle persone che furono lí ammassate. Carri bestiame dove l’ironia è che in fondo, sulla parete bianca della parte terminale del binario, c’è scritto: “VIETATO TRASPORTI PERSONE”.
Questo è stato l’effetto che ho percepito e vissuto nel momento in cui sono potuto rimanere all’interno del convoglio e osservare la piccola finestrella con la griglia metallica, unico passaggio per l’aria, ma la cosa più particolare è stata quella di vedere nell’angolo dello stesso convoglio una cesta per la raccolte di buste, di messaggi o di un pensiero dove allora invece c’era un secchio metallico dove tutte le persone di ogni età e sesso dovevano fare i necessari bisogni fisiologici alla vista di tutti.
Il Memoriale della Shoah di Milano della Stazione Centrale è situato nella sottostante parte dei binari ferroviari ordinari superiori. L’area era originariamente adibita al carico e scarico dei vagoni postali e aveva accesso diretto da Via Ferrante Aporti: lì gli ebrei ed i vari perseguitati venivano caricati sui vagoni merci, che venivano poi sollevati tramite un elevatore e per raggiungere il sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza che era posta tra i binari 19 e 18 venivano agganciati ai convogli diretti ai campi di sterminio e di concentramento od ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano.
Sul convoglio partito dal cosiddetto Binario 21 nella mattina del 30 gennaio 1944 c’era anche Liliana Segre: aveva 13 anni e partì con suo padre Alberto, morto ad Auschwitz. Liliana Segre è una dei pochissimi superstiti: dei 605 ebrei deportati quella mattina, a fine conflitto tornarono a casa soltanto in ventidue.
Nella parte adiacente al binario, sulla lunga parete a schermo, sono riportati e proiettati i nomi dei vari deportati: i nomi scritti in bianco sono quelli di coloro che non sono più tornati mentre i pochissimi nomi scritti in arancione sono dei superstiti che sono riusciti a scampare alla morte e tornare a casa.
Il progetto del Memoriale della Shoah nasce con l’obiettivo di realizzare uno spazio che non solo ci “ricordi di ricordare”, rendendo omaggio alle vittime dello sterminio, ma che rappresenti anche un contesto vivo e dialettico in cui rielaborare attivamente la tragedia della Shoah. Un luogo di commemorazione, ma anche uno spazio per costruire il futuro e favorire la convivenza civile.
Il Memoriale vuole essere, infatti, un luogo di studio, ricerca e confronto: un memoriale per chi c’era, per chi c’è ora ma soprattutto per chi verrà ed essere un monito per tutti nell’educare al rispetto di civile di convivenza, di democrazia, di uguaglianza e di libertà.